Letteratura ergodica
E' un termine coniato da Espen J. Aarseth nel suo libro “Cybertext - Perspectives on Ergodic Literature”. Il termine deriva dalle parole greche ergon, che significa "lavoro", e hodos, che significa "sentiero". È associato al concetto di cybertext (il cibertesto è l'organizzazione del testo al fine di analizzare l'influenza del media come parte integrante della dinamica letteraria) e descrive un processo cibertestuale che include una sequenza semiotica della quale i concetti tradizionali di "lettura" non tengono conto.
Il libro di Aarseth contiene la definizione più comunemente citata di letteratura ergodica:
Nella letteratura ergodica, è richiesto uno sforzo non banale per consentire al lettore di attraversare il testo. Se la letteratura ergodica deve avere un senso come concetto, deve esserci anche letteratura nonergodica, dove lo sforzo di attraversare il testo è banale, senza responsabilità extranoematiche (il termine noematico deriva da noema - dal gr. Nóema ‘pensiero’, uno dei tecnicismi usati in linguistica per indicare l’unità minima di significato, sul modello di morfema e fonema; lo sforzo extranoematico è dunque quello che non riguarda la decodifica/interpretazione del significato espresso verbalmente, ma che si va ad aggiungere ad essa) sul lettore eccetto, ad esempio, il movimento degli occhi e la rotazione periodica o arbitraria di pagine.
Oltre alla definizione di cui sopra, Aarseth ha spiegato la letteratura ergodica come binomio: un testo normale e una macchina in grado di produrre diverse manifestazioni di un testo. Una delle principali innovazioni del concetto di letteratura ergodica è che non è specifica del media fintanto che il media ha la capacità di produrre un'iterazione del testo. I ricercatori dei nuovi media hanno avuto la tendenza a concentrarsi sul media del testo, ad esempio un media cartaceo o elettronico. Aarseth ha rotto con questo assunto di base che il media fosse la distinzione più importante e ha sostenuto che la meccanica dei testi non deve essere specifica del media.
La letteratura ergodica non è definita dal media, ma dal modo in cui funziona il testo. Pertanto, sia i testi cartacei che quelli elettronici possono essere ergodici: "L'opera d'arte ergodica è quella che in senso materiale include le regole per il proprio uso, un'opera che ha determinati requisiti incorporati che distingue automaticamente tra utilizzatori capaci o incapaci."
Letteratura ergodica e cibertesto
Il cibertesto è una sottocategoria della letteratura ergodica che Aarseth definisce come "testi che implicano il calcolo nella loro produzione di scriptons" (Aarseth, all’interno di “Cybertext” analizza la possibilità dell’esistenza di un tipo di letteratura con vita indipendente rispetto al medium da cui è veicolata, cioè il libro. Per analizzare questo tipo di testi, ci sono, perciò, due categorie da ricordare: i textons e gli scriptons. I textons sono elementi testuali che osservano regole precise e sono presenti in numero determinato. Gli scriptons, invece, sono le possibili combinazioni di tali elementi e sono, perciò, infinite).
Il processo di lettura del materiale stampato, al contrario, implica uno sforzo extranoematico "banale", cioè semplicemente in movimento i propri occhi lungo le linee di testo e girando le pagine. Pertanto, la narrativa ipertestuale con varietà di nodi e collegamenti semplici è letteratura ergodica ma non cibertesto.
È richiesto uno sforzo non banale al lettore per attraversare il testo, in quanto il lettore deve selezionare costantemente quale collegamento seguire, ma un collegamento, quando cliccato, porterà sempre allo stesso nodo. Un chat bot (un chat bot è un software ideato per simulare un dialogo con un essere umano) come ELIZA è un cybertext perché quando il lettore digita una frase, la macchina di testo esegue effettivamente i calcoli al volo che generano una risposta testuale. Anche l'I Ching è citato come esempio di cybertext perché contiene le regole per la propria lettura. Il lettore esegue il calcolo ma le regole sono chiaramente incorporate nel testo stesso.
È stato affermato che queste distinzioni non sono del tutto chiare e gli studiosi discutono ancora i dettagli delle definizioni. Secondo la definizione di cui sopra, Finnegans Wake di Joyce, la Fenomenologia dello Spirito di hegel e l'Essere e il Nulla di Sartre sono considerati letteratura non ergodica in quanto richiedono solo "uno sforzo banale ... per attraversare il testo". Una pila di giornali macchiati e modellati, d'altra parte, è letteratura ergodica.
I concetti di cybertext e letteratura ergodica sono stati di fondamentale importanza per gli studi sui nuovi media, in particolare per gli approcci letterari ai testi digitali e agli studi sui giochi.
Fonti e approfondimenti
Accademia della Crusca - Ergodico in letteratura
Advister.it - Cos'è la letteratura ergodica
Sono solo libri.it - La letteratura ergodica
Tomshw.it - Letteratura ergodica: un'introduzione
Wikipedia - Cybertext (in inglese)
Icrewplay.com - La letteratura ergodica
Alcuni esempi per capirci qualcosa
Gli esempi forniti da Aarseth includono un gruppo eterogeneo di testi:
Iscrizioni murali dei templi nell'antico Egitto
Sono collegate bidimensionalmente (su una parete) o tridimensionalmente (da parete a parete o da stanza a stanza)
I Ching
Dell’I Ching si possono dire almeno tre cose singolari: che non ha età, che non è un libro e che è la massima approssimazione attraverso i segni alla vita stessa. Secondo la leggenda, gli otto trigrammi dell’I Ching (che non sono ideogrammi, ma sequenze di linee intere e spezzate) apparvero come segni incisi sul guscio di una tartaruga primordiale. Non si sa chi li abbia incisi: non certo un uomo e neppure un dio personale. Piuttosto: l’invisibile mano del cielo. Che cosa indicano gli otto trigrammi (e i sessantaquattro esagrammi in cui si compongono)? La totalità degli stati attraverso cui passa l’esistenza, attraverso cui passiamo noi nel momento in cui interroghiamo questo che fondamentalmente è un libro di oracoli. Ma a differenza degli oracoli occidentali, che inchiodano sempre alla lettera di una risposta e perciò contengono in sé qualcosa di rigido e sinistro, l’I Ching ci offre una situazione nel suo formarsi e nelle sue potenzialità, qualcosa di fluido, impalpabile, trascinante come è la vita stessa. E si può dire che nulla di scritto, dall’apparizione di quella testuggine cinese, si sia altrettanto avvicinato alla pulsazione segreta del mondo.
Opera enigmatica per definizione, che non si finisce mai di scoprire, l’I Ching ha provocato fino a oggi innumerevoli interpretazioni, edizioni, traduzioni.
[Fonte: Adelphi]
Calligrammes: poemes de la paix et de la guerre, 1913-1916
di Guillaume Apollinaire
Calligrammes è una raccolta di poesie pubblicata per la prima volta nel 1918. Calligrammes è noto per il modo in cui il carattere tipografico e la disposizione spaziale delle parole su una pagina svolgono un ruolo nel significato di ogni poesia tanto quanto le parole stesse - una forma chiamata calligramma. In questo senso, la raccolta può essere vista sia come poesia concreta che come poesia visiva.
Apollinaire ha descritto il suo lavoro come segue:
I Calligrammi sono un'idealizzazione della poesia in versi liberi e della precisione tipografica in un'epoca in cui la tipografia sta raggiungendo una brillante conclusione della sua carriera, agli albori dei nuovi mezzi di riproduzione che sono il cinema e il fonografo. (Guillaume Apollinaire, in una lettera ad André Billy)
[Fonte: Wikipedia]
Composizione n.1
di Marc Saporta
E' un innovativo romanzo-in-scatola pubblicato per la prima volta da Éditions du Seuil. Con Composizione N. 1 di Marc Saporta il romanzo innovativo diventa un'opera di maestria editoriale man mano che progredisce nel design e nel concetto estetico verso l'oggetto d'arte del libro. Composizione n. 1 è scritta in pagine sciolte non rilegate che possono essere rimescolate in una composizione casuale, un concetto sviluppato negli anni '60 quando John Cage sperimentò modi per liberare la composizione dalla determinazione autoritaria. La composizione casuale è un modo per creare una forma aperta in cui le pagine del romanzo possono essere lette in una struttura creata dal lettore. Se il lettore deve mischiare le pagine come "un mazzo di carte", allora la lettura del romanzo diventerà un gioco d'azzardo. Questo è un tema introdotto da Stéphane Mallarmé in Un coup de dés n'abolira jamais le hasard (1897), dove il disegno spaziale del poema tipografico afferma il futuro successo dell'inevitabile, il caso stesso, che non può essere abolito.
Gli eventi di Composizione n. 1 si svolgono a Parigi dove i personaggi hanno esperienze che mostrano un'intertestualità con una lettura futura, un momento in cui le trame hanno assunto un significato letterario. I personaggi sono guidati da X che istruisce il lettore a rimescolare le pagine, c'è Marianne "alla sua scrivania", Buisson che dice "Ci prendiamo cura di te dopo la scuola", Helga che "ronza come un insetto dorato al sole". ," e Dagmar che è "seduto sul divano basso". I personaggi di Composizione n. 1 sono studenti e la trama si sta gradualmente dispiegando davanti al lettore in uno stile che sembra futuristico, leggermente erotico e scritto in uno stile oggettivo di prosa con una molteplicità di interazioni che compongono un complesso cast di personalità.
[Fonte: David Detrich "Composition No. 1: An Innovative Novel-in-a-Box Inspired by Abstract Painting" in Innovative fiction magazine]
Centomila miliardi di poesie
di Raymond Queneau
Cent Mille Milliards de Poèmes, del 1961, di Raymond Queneau è un libro interattivo di poesia combinatoria. Come dice lo stesso Queneau nella prefazione: “Questo librettino permette a chiunque di comporre a piacimento centomila miliardi di sonetti; tutti regolari, s’intende. Perché questa è, dopo tutto, nient’altro che una sorta di macchina per la produzione di poesie; e queste sono sì in numero limitato ma abbastanza da poter permettere in teoria una lettura lunga quasi duecento milioni di anni (leggendo ventiquattro ore su ventiquattro)”.
Questo libro, infatti, grazie alla sua particolare tecnologia fisica, permette al lettore di diventare anche poeta, potendo comporre i suoi versi sotto forma di sonetti: due quartine seguite da due terzine, cioè quattordici versi in totale.
Il libro, paradossalmente, è composto solo di dieci fogli, scritti su entrambe le facciate. Il segreto per poter creare, potenzialmente, centomila miliardi di poesie, consiste nel mondo in cui questi fogli sono stati tagliati, ovvero in 14 strisce orizzontali contenenti ciascuna un verso. Tutte le bande orizzontali e i fogli sono ricombinabili, fino a poter creare un numero insormontabile di sonetti, che per poter essere letti tutti ci si impiegherebbero milioni di anni.
Come del resto in tutta la letteratura combinatoria, questo libro non è semplicemente una cosa da leggere, esso diventa anche una scatola di gioco, in cui il fruitore (perché non si tratta più di lettore) può costruire e smontare tutto a suo piacimento, per trovarsi alla fine del “gioco” con qualcosa di prodotto da sé.
Il fatto che Cent Milliard di Poèmes sia considerata una opera rivoluzionaria e innovativa consiste proprio nel meccanismo con cui esso funziona. Nel 1961, Raymond Queneau creò un libro che anticipava le modalità di sviluppo e di funzionamento dei più moderni software informatici.
[Fonte: Fabiola Stuppi in Interactive Storytelling and Art 2019]
In balia di una sorte avversa
di B. S. Johnson
E' un romanzo sperimentale dello scrittore inglese Bryan Stanley Johnson. Si tratta di un "libro in una scatola" (book in a box), in cui l'ordine dei capitoli viene stabilito dal lettore. Uscito in poche copie nel 1969, è diventato in breve tempo un oggetto da collezione. Nel 2004 la biografia di Johnson scritta da Jonathan Coe ha richiamato l'attenzione sulla sua opera, e il romanzo è stato ripubblicato nel 2008 dalla casa editrice statunitense New Directions. L'edizione in lingua italiana è invece del 2011 ed è l'unico libro dell'autore a essere tradotto in Italia.
Il romanzo si compone di 27 capitoli non rilegati racchiusi in una scatola. Il primo e l'ultimo, indicati come tali, sono fissi, mentre i fascicoli dei 25 centrali possono essere disposti a piacere dal lettore, che in questo modo ne stabilisce l'ordine e la scansione.
[Fonte: Wikipedia]
Zettel’s Traum
di Arno Schmidt
Schmidt iniziò a scrivere il romanzo nel dicembre 1963, quando lui e Hans Wollschläger iniziarono a tradurre in tedesco le opere di Edgar Allan Poe. Il romanzo è stato ispirato dal romanzo di James Joyce Finnegans Wake, in particolare dall'uso delle colonne da parte di Schmidt (il suo "SpaltenTechnik"), che secondo Schmidt è stato preso in prestito dal Wake.
Il gigantesco romanzo è stato pubblicato in formato folio con 1.334 pagine. La storia è raccontata principalmente su tre colonne mobili, presentando il testo sotto forma di note, collage e pagine dattiloscritte. La traduzione inglese del 2016 di John E. Woods ha 1.496 pagine e pesa 5,9 kg.
Il romanzo inizia intorno alle 4 del mattino di un giorno di mezza estate del 1968 nella brughiera di Lüneburg, nella Bassa Sassonia nord-orientale, nel nord della Germania, e si conclude venticinque ore dopo. Segue le vite del cinquantaquattrenne Daniel Pagenstecher, che riceve la visita dei traduttori Paul Jacobi e sua moglie Wilma e della loro figlia di sedici anni Franziska. La storia si occupa dei problemi della traduzione di Edgar Allan Poe in tedesco e dell'esplorazione dei temi che veicola, in particolare per quanto riguarda la sessualità.
[Fonte: Wikipedia]
Dizionario dei Chazari
di Milorad Pavić
Dizionario dei Chazari: romanzo Lessico (Serbo: Хазарски речник o Hazarski rečnik) è il primo romanzo dello scrittore serbo Milorad Pavić, pubblicato nel 1987.
Scritto originariamente in serbo, il romanzo è stato tradotto in molte lingue, incluso l'italiano.
È difficile individuare una trama in senso tradizionale, ma il fatto centrale del libro (la conversione religiosa di massa del popolo dei Chazari) è basata su un evento storico avvenuto alla fine dell'VIII secolo od all'inizio del IX, quando i regnanti e la nobilità chazara si convertirono al giudaismo seguiti da parte della popolazione.
Tuttavia, fin dall'inizio, Pavić mette in evidenza il proprio stile ispirato al fantastico di Borges: la maggior parte dei protagonisti e degli eventi del romanzo sono completamente inventati, così come la cultura attribuita nel libro ai Chazari, che fa ben poco riferimento all'evidenza letteraria od archeologica.
Il romanzo ha la struttura di tre piccole enciclopedie con riferimenti incrociati, ciascuna delle quali compilata sulla base delle fonti di una delle tre religioni monoteiste: il Cristianesimo (Libro Rosso), l'Islam (Libro Verde) e il Giudaismo (Libro Giallo). Data la sua struttura simile al dizionario, il romanzo può essere letto in una varietà di modi, piuttosto che dall'inizio alla fine. Ciò sfida i lettori a partecipare attivamente al romanzo cercando di ricombinare la storia mettendone assieme i pezzi, frammentati e, talvolta, contraddittori. Come spiega l'autore nell'introduzione al romanzo: "Non sarà necessario rispettare alcuna cronologia. Ciascun lettore potrà ricombinare in un'unità il proprio libro come in una partita di domino o di carte, e in ogni caso da questo dizionario, come da uno specchio, gli ritornerà esattamente quanto vi avrà investito, perché dalla verità - com'è scritto in una delle pagine di questo lessico - non si può ottenere più di quanto si sia ad essa offerto.
Il libro è stato pubblicato in due edizioni, una "maschile" ed una "femminile", che differiscono fra loro solo in un paragrafo.
Qualcuno ha ipotizzato che la descrizione dell'Impero dei Chazari, nel quale i Chazari pur essendo la popolazione più numerosa sono tuttavia dominati dagli altri, costituisca una rappresentazione allegorica della Jugoslavia. Lo stesso Pavić ha confermato che nel suo romanzo i Chazari rappresentano simbolicamente i Serbi.
[Fonte: Wikipedia]
Paesaggio dipinto con il tè
di Milorad Pavić
Paesaggio dipinto con il tè (Serbo: Предео сликан чајем o Predeo slikan cajem) è un romanzo dello scrittore serbo Milorad Pavić, pubblicato nel 1988.
In Italia è stato tradotto e pubblicato da Garzanti nel 1991 e non è stato più ristampato.
Il romanzo (così come gli altri scritti di Pavić) non segue una struttura classica (lettura dalla prima all'ultima pagina) ma si avvale piuttosto di una struttura ergodica (non si deve necessariamente leggere dalla prima all'ultima pagina ma si può seguire un ordine diverso).
La prima parte del romanzo segue le vicende dell'architetto Atanasio Svilar che cerca di capire come mai, seppur capace nel proprio mestiere, non sia mai riuscito a costruire un edificio. Per farlo seguirà le orme del padre che, disertore, era scomparso durante la Seconda Guerra Mondiale e si era probabilmente rifugiato nel Monastero di Hilandar sulle pendici del Monte Athos.
La seconda parte è presentata come un cruciverba da risolvere. Ogni successivo capitolo è affidato come definizione delle caselle orizzontali e verticali, ed al lettore è lasciata la libertà di proseguire la storia come meglio crede, seguendo i capitoli che preferisce.
[Fonte: Wikipedia]
Fuoco pallido
di Vladimir Nabokov
Nel dicembre del 1961, sei anni dopo la pubblicazione di Lolita, Nabokov termina Fuoco pallido, prodigio di invenzione e, per alcuni, summa della sua opera: romanzo audace e segreto, che risulta anche più sconcertante quanto alla forma, poiché è costituito da un magistrale poema di 999 versi con relativo commento.
Al centro del poema il sessantunenne John Shade, celebre poeta nonché professore al Wordsmith College di una immaginaria cittadina americana della Costa orientale. In quest’opera i ricordi di una vita si mescolano a interrogativi metafisici sull’«abisso immondo, intollerabile» della morte, divenuti sempre più pressanti dopo il suicidio della giovane figlia. Eppure il poema si chiude su un’ironica quanto serena dichiarazione di fede in un vago aldilà di cui l’arte, con la sua armonia, rappresenta una tacita promessa. Shade ignora che la morte, beffarda, è di nuovo in agguato.
Al centro del commento, invece, lo snob, egocentrico, bizzarro, importuno Charles Kinbote, visiting professor nella medesima università, nonché amico ed estimatore di Shade. Le sue note – ora pettegole, ora accademiche, ora nostalgiche – vorrebbero condurre il lettore a una corretta interpretazione del poema ricostruendo le affascinanti avventure del suo presunto ispiratore, vale a dire Kinbote stesso, esule di alto lignaggio da Zembla, regno immerso nelle brume di un’esotica Europa. Ma quelle note finiscono per suonare come un’esilarante parodia di due mondi contrapposti, l’aristocratica Zembla precipitata nella Rivoluzione Estremista e la borghese, prosaica, benpensante America che ha accolto il fuggitivo in pericolo.
Mirabile mimesi della realtà, Fuoco pallido ci guida così alla ricostruzione di uno scenario complesso attraverso tortuosi e frammentari percorsi che aprono interrogativi sempre nuovi: Kinbote è un re in esilio, un pedante profugo di terre lontane, o un soggetto psichiatrico afflitto da monomania? E il poema stesso è autentico, o non piuttosto una parodia, o magari un plagio?
Plurimi sono i livelli di realtà che si intersecano nel libro, i falsipiani che moltiplicano le prospettive dell’intreccio rendendolo vertiginoso: Fuoco pallido si avvia sereno come una pastorale, esplode in commedia festosa, si inerpica fino al culmine dolente di un’elegia, prende il largo sotto le sembianze di racconto avventuroso, ma la sua nota dominante resta quella tragica della solitudine.
[Fonte: Adelphi]
La struttura del libro è particolarissima. Troviamo, nell’ordine:
• Una prefazione di un certo Charles Kinbote ad un lungo poema di 999 versi intitolato Fuoco pallido il cui autore è John Shade;
• L’intero poema di John Shade (“di gran lunga il più sublime dei poeti inventati”, dice Nabokov in un’intervista del 1965);
• Il commento al poema, che viene ripreso da Kinbote verso per verso per spiegarne il significato;
• Le note al commento, una sorta di lessico.
ELIZA
di Joseph Weizenbaum
ELIZA è un programma Chatterbot scritto nel 1966 da Joseph Weizenbaum che fa la parodia di un terapeuta Rogersiano, in buona parte rispondendo al paziente con domande ottenute dalla riformulazione delle affermazioni del paziente stesso. Così, per esempio, alla frase "Mi fa male la testa" il programma può ribattere con "Perché dici che ti fa male la testa?" oppure la risposta a "Mia madre mi odia" potrebbe essere "Chi altro nella tua famiglia ti odia?"
ELIZA fu chiamato così prendendo spunto da Eliza Doolittle, la fioraia dall'eloquio incolto e dialettale protagonista della commedia Pigmalione di George Bernard Shaw che, grazie al metodo d'insegnamento della ripetizione delle forme corrette di pronuncia, impara il raffinato modo di esprimersi delle classi più agiate.
La scelta della psicoterapia
È inaccurato dire che ELIZA simuli (o peggio, emuli) un terapeuta. Weizenbaum disse che Eliza è una parodia delle "domande di uno psicoterapeuta all'inizio di un intervento psichiatrico". Egli scelse la psicoterapia "per evitare il problema di dare al programma una vera conoscenza", la seduta psicoterapeutica è una di quelle poche situazioni in cui un essere umano può rispondere ad una affermazione con una domanda che parte da quella poca conoscenza del soggetto in discussione. Per esempio, in un contesto in cui alla domanda "Chi è il tuo compositore preferito?" può essere accettabile che si risponda con la domanda "Che ne dici di parlarmi del tuo compositore preferito?" o "Questa domanda ti interessa?"
Funzionamento
ELIZA procedeva analizzando e sostituendo semplici parole chiave in frasi preconfezionate. A seconda delle parole che l'utente immetteva nel programma, l'illusione di un interlocutore umano veniva smascherata o poteva continuare per diverse battute. Talvolta risultava talmente convincente che esistono aneddoti su persone così convinte di comunicare con un essere umano, da insistere per parecchi minuti. Tutto questo deriva dalla tendenza delle persone a dare alle parole significati che il computer certo non può attribuire.
Implementazioni e sviluppi
ELIZA fu incluso in un certo numero dei primi giochi per computer, con diversi tipi di interfaccia grafica. Don Daglow ha scritto una versione più sviluppata del programma denominato Ecala su un mainframe PDP-10 all'università di Pomona nel 1973 prima di scrivere il primo RPG, Dungeon (1975). È probabile che ELIZA fosse inoltre sul sistema in cui Will Crowther creò Adventure, il videogioco d'avventura del 1975 che ha dato origine al genere della fiction interattiva. Ma entrambi questi giochi sono comparsi circa nove anni dopo l'ELIZA originale.
Negli anni seguenti furono realizzati molti programmi basati su ELIZA, in differenti linguaggi oltre ad Ecala. Per esempio, nel 1980, una compagnia chiamata "Don't Ask Software", fondata da Randy Simon, creò una versione per Apple II, Atari e Commodore, che usava come parole quelle immesse dall'utente. In Spagna, Jordi Perez sviluppò il famoso Zebal nel 1993, scritto in Clipper per MS-DOS
MELIZA
Vi è poi un'applicazione curiosa di ELIZA su Google Earth: predisponendo la posizione su Marte (e più precisamente vicino alla Face of Mars) si può trovare accanto l'icona con la testa di un robot di nome MELIZA: premendo l'icona parte automaticamente una finta chat interplanetaria con un presunto essere alieno. Il dialogo è in inglese e reca le stesse funzioni del programma originale.
Originalità di ELIZA
Nel 1966, il computer interattivo (tramite telescrivente) era nuovo. Sarebbero passati quindici anni prima che il personal computer diventasse familiare al grande pubblico, e due decenni prima che la maggior parte delle persone incontrasse i primi tentativi di linguaggio naturale nei servizi di internet, come Ask.com o sistemi d'aiuto come Microsoft Office Clippy. Nonostante questi programmi avessero richiesto anni di ricerca e lavoro (mentre Ecala offuscò le funzionalità di ELIZA in meno di due settimane di lavoro di un singolo programmatore), ELIZA rimane una pietra miliare semplicemente perché fu la prima volta che un programmatore sviluppò un'interazione uomo-macchina con l'obiettivo di creare l'illusione (seppur breve) di un dialogo uomo-uomo.
[Fonte: Wikipedia]
Racter
di William Chamberlain e Thomas Etter
Racter è un programma per computer di intelligenza artificiale che genera in modo casuale prosa in lingua inglese. È stato pubblicato nel 1984 da Mindscape.
Racter, abbreviazione di narratore, è stato scritto da William Chamberlain e Thomas Etter. L'esistenza del programma è stata rivelata nel 1983 in un libro intitolato The Policeman's Beard Is Half Constructed (ISBN 0-446-38051-2), che è stato descritto come composto interamente dal programma. Secondo l'introduzione al libro di Chamberlain, il programma apparentemente funzionava su una macchina CP/M; è stato scritto in "BASIC compilato su un micro Z80 con 64K di RAM". Questa versione, il programma che presumibilmente ha scritto il libro, non è stata rilasciata al pubblico. La sofisticata architettura dichiarata del programma era probabilmente esagerata, come si è potuto verificare da un’indagine sul sistema di modelli di generazione del testo.
Tuttavia, nel 1984 Mindscape ha rilasciato una versione interattiva di Racter, sviluppata da Inrac Corporation, per computer compatibili con PC IBM, Amiga e Apple II. Il Racter pubblicato era simile a un chatterbot. Il programma BASIC che è stato rilasciato da Mindscape era molto meno sofisticato di qualsiasi cosa che avrebbe potuto scrivere la prosa abbastanza sofisticata di The Policeman's Beard. La versione commerciale di Racter potrebbe essere paragonata a una versione computerizzata di Mad Libs, il gioco in cui si riempiono gli spazi vuoti in anticipo e poi li si inserisce in un modello di testo per produrre un racconto surreale. La versione commerciale del programma provava ad analizzare gli input di testo, identificando nomi e verbi significativi, che poi rigurgitava per creare "conversazioni", collegando l'input dell'utente a modelli di frasi che poi combinava, insieme a moduli che coniugavano verbi inglesi.
Al contrario, il testo in The Policeman's Beard, oltre ad essere stato modificato da una grande quantità di output, sarebbe stato il prodotto di modelli e moduli specializzati di Chamberlain, che non erano inclusi nella versione commerciale del programma.
[Fonte: Wikipedia]
afternoon: a story
di Michael Joyce
afternoon: a story, scritto con la "a" minuscola, è un'opera di letteratura elettronica scritta nel 1987 dall'autore americano Michael Joyce. È stato pubblicato da Eastgate Systems nel 1990 ed è conosciuto come uno dei primi lavori di narrativa ipertestuale.
E' stato presentato al pubblico inizialmente come dimostrazione del sistema di creazione di ipertesti Storyspace, annunciato nel 1987 alla prima conferenza pomeridiana dell'Association for Computing Machinery Hypertext in un articolo di Michael Joyce e Jay David Bolter. Nel 1990 è stato pubblicato su dischetto e distribuito nella stessa forma da Eastgate Systems. È stata seguita da una serie di altre fiction ipertestuali di Storyspace, tra cui Victory Garden di Stuart Moulthrop, Patchwork Girl di Shelley Jackson e Marble Springs di Deena Larsen. Eastgate continua a pubblicare il lavoro negli anni 2010 e lo distribuisce su un'unità flash USB.
Trama e struttura
La fiction ipertestuale racconta la storia di Peter, un uomo da poco divorziato che ha assistito a un incidente d'auto. Ore dopo, sospetta che l'auto distrutta potrebbe aver coinvolto la sua ex moglie e il loro figlio.
La trama può cambiare ogni volta che viene letta se il lettore sceglie percorsi diversi.
Critica
afternoon è un'opera di letteratura elettronica molto discussa poiché è stata uno dei primi romanzi elettronici interattivi e pertanto oggetto di molti studi. Espen J. Aarseth dedica a afternoon un capitolo del suo libro Cybertext, definendolo un classico esempio di letteratura modernista. È più spesso pensato come un'opera di letteratura postmoderna, come evidenziato dalla sua inclusione nella Norton Anthology of Postmodern American Fiction. Anche in Writing Space di Jay David Bolter e The End of Books o Books Without End di J. Yellowlees Douglas si tratta di afternoon, così come in Mechanisms: New Media and the Forensic Imagination di Matthew G. Kirschenbaum. L'articolo di Gunnar Liestøl "Wittgenstein, Genette, and the Reader's Narrative in Hypertext" in Hyper / Text / Theory (1994) di George Landow utilizza la teoria della narratologia per comprendere afternoon e la tesi di laurea di Anna Gunders Hyperworks - On Digital Literature and Computer Games.
[Fonte: Wikipedia]
Dungeon multiutente
di Roy Trubshaw e Richard Bartle
I multi user dungeon (abbreviato in MUD, talvolta inteso come acronimo di multi user dimension o domain) sono una categoria di videogiochi di ruolo eseguiti su Internet attraverso il computer da più utenti. Si tratta di giochi testuali, dove i giocatori interagiscono con il mondo e gli altri utenti digitando dei comandi da tastiera.
Molti utenti possono connettersi contemporaneamente a un MUD. Ognuno di essi controlla un personaggio che si muove in un mondo virtuale organizzato in stanze e zone (una zona è un raggruppamento di più stanze: per esempio, una zona può essere una città e le stanze che contiene possono esserne le vie e gli edifici), e può interagire coi personaggi degli altri utenti o con quelli gestiti dal computer, progredire (acquisendo abilità) oppure anche morire. Molti MUD prevedono la possibilità, per i giocatori più esperti, di collaborare alla vita del MUD in questione insieme agli amministratori del gioco: dopo che il personaggio di un giocatore ha raggiunto il massimo livello possibile, diviene un "immortale" o una "divinità" (possono volerci anni di gioco), e acquisisce una parte dei poteri che hanno gli amministratori. Di solito, gli immortali usano queste nuove capacità proponendo sfide agli altri giocatori, dette quest, organizzando gare e mettendo in palio ricompense e altri premi, oppure consigliando i nuovi giocatori, a loro discrezione.
Alcuni MUD dispongono di comandi che consentono l'accessibilità anche a giocatori non vedenti o ipovedenti, permettendo loro di giocare e interagire con gli altri utenti.
l primo MUD (chiamato proprio M.U.D., in seguito meglio noto come MUD1) apparve nel 1978, compilato in BCPL. I MUD crebbero di popolarità durante i primi anni ottanta, quando i personal computer divennero relativamente economici e comparvero i primi modem, che permisero la connessione alle prime BBS. Lo sviluppo dei MUD avvenne prevalentemente in ambito accademico ed in particolare presso l'Università dell'Essex dove veniva giocato da parecchie persone, anche esterne all'università stessa. Scherzosamente MUD cambiò significato in "Multi-Undergrad Destroyer" poiché il tempo dedicatogli dagli studenti aumentava sempre più allontanandoli dal completamento degli studi.
Lo sviluppo del primissimo MUD è attribuito a Roy Trubshaw e Richard Bartle, dell'Università dell'Essex, che lo scrissero per un DEC PDP-10 come estensione multiutente di un altro gioco per PDP-10 chiamato Dungeon, che venne successivamente distribuito da Infocom sotto il nome di Zork. Zork a sua volta era ispirato ad un altro gioco testuale conosciuto come Colossal Cave Adventure.
Questi giochi, sia mono che multi-utente, traevano ispirazione dai giochi di ruolo da tavolo come Dungeons & Dragons che proprio in quegli anni avevano raggiunto una notevole popolarità (Advanced Dungeons & Dragons (AD&D) venne pubblicato nel 1977).
Il legame così stretto tra i MUD e i giochi di ruolo da tavolo continuò negli anni anche grazie all'introduzione di nuove ambientazioni per AD&D. Tra queste ebbero particolarmente fortuna le ambientazioni di Forgotten Realms e Dragonlance. Vennero sviluppati MUD anche sulla base degli altri giochi di ruolo che venivano alla luce come Vampiri: la masquerade, e Middle-earth Role Playing.
Nel 1985 apparve SHADES, il primo MUD commerciale accessibile dalla rete Prestel.
Sebbene gli scorsi anni abbiano visto un declino della popolarità dei MUD in favore delle avventure grafiche, i MUD continuano ad attrarre giocatori e sono accessibili tramite client telnet standard o con i client MUD specializzati.
[Fonte: Wikipedia]
TinyMUD
di James Aspnes
TinyMUD nacque da una stanca settimana di lavoro di James Aspnes, allora studente della Carnegie Mellon University (adesso insegna a Yale). Come base per lo sviluppo di TinyMUD Aspnes decise di utilizzare i sorgenti di Monster – un abbozzo di MUD scritto in Pascal per MVS e con sorgenti di pubblico dominio– con l’intenzione di mantenerne la flessibilità ma di renderlo più snello (TinyMUD infatti prevedeva di mantenere la definizione del database tutto su memoria, a differenza del padre che gestiva tutto su file). TinyMUD fu installato per la prima volta nel 1989 sulla porta 4201 della macchina “lancelot.avalon.cs.cmu.edu”.
Nonostante le ovvie limitazioni del programma – Aspnes infatti decise inizialmente di abbandonare il progetto quando TinyMUD andò in crash superando i 32 megabyte imposti come limite sulla grandezza dei processi – TinyMUD è, insieme ai suoi derivati TinyMUCK e TinyMOO, uno dei sistemi MUD più popolari su Internet. Con i server TinyMUD nacquero così le prime definizioni alternative al genere classico, si cominciò ad utilizzare dei termini come MUSH (Multi User SHared allucinations) e MOO (MUD Object Oriented). TinyMUD infatti si distingueva dai suoi predecessori soprattutto per il fatto che il gameplay era più orientato alla comunicazione e alla creazione di mondi che non al combattimento e alla mera esplorazione di caverne.
[Tratto dall’articolo di Paolo Matrascia Analisi storica e critica dei MUD in www.mud.it]
Altri esempi di questo tipo di letteratura potrebbero essere:
The Griffin and Sabine Saga
di Nick Bantock
The Griffin and Sabine Saga è una serie di romanzi epistolari di successo scritti da Nick Bantock.
I primi tre romanzi della serie, Griffin e Sabine, Sabine's Notebook e The Golden Mean, formano l'originale Griffin e Sabine Trilogy e sono stati pubblicati per la prima volta rispettivamente nel 1991, 1992 e 1993.
Ogni storia è raccontata attraverso una serie di lettere e cartoline tra i due personaggi principali, Griffin Moss e Sabine Strohem.
Ogni pagina presenta un facsimile di una cartolina o di una lettera effettivamente racchiusa in una busta.
La trilogia iniziale di Griffin e Sabine è stata seguita da un'altra trilogia, la Morning Star Trilogy, composta da The Gryphon, Alexandria e The Morning Star.
La seconda trilogia inizia un numero imprecisato di anni dopo The Golden Mean e introduce due nuovi corrispondenti, Matthew Sedon (il destinatario dell'ultima cartolina in The Golden Mean) e Isabella de Reims. L'ultimo libro della serie, The Pharos Gate, è stato pubblicato nel 2016, il 25° anniversario della prima pubblicazione di Griffin e Sabine.
[Fonte: Wikipedia]
Un coup de dés jamais n'abolira le hasard
di Stéphane Mallarmé
Nel maggio 1897 il poeta simbolista francese Stéphane Mallarmé pubblicò il suo poema Un coup de dés jamais n'abolira le hasard (Un tiro di dadi non abolirà mai il caso) sulla rivista Cosmopolis. La morte di Mallarmé nel 1898 gli impedì di realizzare la piena espressione della sua sperimentazione sul rapporto tra la parola e la pagina stampata. La poesia fu pubblicata per la prima volta in forma di libro il 10 luglio 1914 dall'Imprimérie Sainte Catherine a Bruges, in un'edizione limitata a 60 copie. In questa edizione gli stampatori hanno tentato di seguire le istruzioni specifiche di Mallarmé per la tipografia:
"La poesia si sviluppa su 20 pagine, in vari caratteri tipografici, in mezzo a una quantità generosa di spazio vuoto. Ogni coppia di pagine consecutive adiacenti deve essere letta come un unico pannello; il testo scorre avanti e indietro attraverso le due pagine, lungo linee irregolari.”
La frase che dà il nome al poema è divisa in tre parti, stampate in grandi lettere maiuscole sui pannelli 1, 6 e 8. Un secondo filo testuale in maiuscole più piccole sembra iniziare sul lato destro del pannello 1, QUAND MÊME LANCÉ DANS DES CIRCONSTANCES ÉTERNELLES DU FOND D'UN NAUFRAGE ("Anche quando gettato in circostanze eterne dal fondo di un naufragio"). Altri fili intrecciati in vari caratteri iniziano in tutto il libro. In basso a destra dell'ultimo riquadro c'è la frase Toute Pensée émet un Coup de Dés ('Ogni pensiero emette un tiro di dadi')"
Tuttavia: "Prima del 2004, "Un Coup de Dés" non è mai stato pubblicato nella tipografia e nel formato concepiti da Mallarmé. Nel 2004 sono state pubblicate 90 copie su pergamena di una nuova edizione da Michel Pierson et Ptyx. Questa edizione ricostruisce la tipografia originariamente progettata da Mallarmé per l'edizione Vollard progettata nel 1897 e che fu abbandonata dopo la morte improvvisa dell'autore nel 1898. Tutte le pagine sono stampate nel formato (38 cm per 28 cm) e nella tipografia scelta dall'autore.La ricostruzione è stata ricavato dalle bozze conservate presso la Bibliothèque Nationale de France, tenendo conto delle correzioni scritte e della volontà di Mallarmé e correggendo alcuni errori da parte dei tipografi Firmin-Didot.
"Una copia di questa nuova edizione può essere consultata presso la Bibliothèque François-Mitterrand. Le copie sono state acquisite dalla Bibliothèque littéraire Jacques-Doucet e dall'Università della California - Irvine, nonché da collezionisti privati. Una copia è stata collocata nel Museo Stéphane Mallarmé a Vulaines-sur-Seine, Valvins, dove Mallarmé visse e morì e dove, secondo Paul Valéry, apportò le ultime correzioni alle bozze prima della prevista stampa del poema".
[Fonte: History of information.com]
S. La nave di Teseo di V. M. Straka
scritto da Doug Dorst e concepito da J. J. Abrams
S. è presentato come una forma fittizia di romanzo intitolato La nave di Teseo, scritto da un elusivo scrittore dal nome V. M. Straka e pubblicato nel 1949. Il libro è contenuto in una scatola di cartone nero dal titolo S. e solo su questa scatola vengono menzionati gli scrittori; nel libro contenuto nella scatola non ci sono riferimenti né ad Abrams né a Dorst né al reale editore.
Togliendo il libro dalla scatola nero S. è fatto apposta per sembrare un libro a sé stante, col titolo La nave di Teseo e l'autore V. M. Straka del 1949 preso in prestito e mai restituito dalla biblioteca Laguna Verde High School. Le pagine sono invecchiate e ingiallite e ci sono segni di timbri della biblioteca sul retro della copertina posteriore. Sul dorso c'è un'etichetta della biblioteca.
Il romanzo può essere letto da solo nella sua interezza. Presentato come il diciannovesimo libro e romanzo finale di Straka, La nave di Teseo racconta la storia di un personaggio che soffre di amnesia in uno strano viaggio alla scoperta di se stesso. L'enigmatica vita e morte di Straka sono considerate letteralmente un grande mistero avvolto da teorie della cospirazione e rivendicazioni di spionaggio e assassinio. La sua identità è oggetto di dibattito come evidenziato dalla prefazione di F.X. Caldeira, il traduttore scelto da Straka per molti dei suoi libri incluso La nave di Teseo. Nemmeno Caldeira ha mai incontrato Straka faccia a faccia.
Eric è un dottorando caduto in disgrazia nonché espulso dall'università che ha passato la vita a studiare Straka e le sue opere letterarie. Jen è una studentessa universitaria che sta contemplando il prossimo passo della sua vita. I due ragazzi si passano il libro La nave di Teseo, scrivendo note a margine per portare avanti una discussione sull'autore. I protagonisti sperano di risolvere il mistero dell'identità di Straka prima del professore Moody, che avrebbe rubato la ricerca di Eric spacciandola per propria. Non tutte le note si presentano in ordine cronologico ma usano colori e stili di scrittura diversi. Inoltre si denota il dialogo tra i due e come loro cambiano dopo aver riletto il romanzo. Cartoline, lettere scritte a mano, mappe e articoli fotocopiati e estratti sono fisicamente piegati e inseriti tra le pagine rilegate del libro man mano che Jen e Eric forniscono prove e indizi mentre si scambiano il libro dalla biblioteca.
[Fonte: Wikipedia]
Casa di foglie
di Mark Z. Danielewski
Casa di foglie è il romanzo d'esordio di Mark Z. Danielewski. Pubblicato il 7 marzo 2000 negli Stati Uniti, il libro diviene presto un bestseller in patria, avendo sviluppato già un seguito di lettori, viste le pubblicazioni a pezzi su Internet. In Italia esce nel 2005 per Mondadori e successivamente nel 2019 con l'editore 66THAND2ND.
La struttura del romanzo è alquanto inusuale e a dir poco sperimentale, a causa soprattutto dell'impaginazione, propria dello stile della letteratura ergodica, che obbliga a tratti a rigirare e/o ripiegare il testo; caratteristica saliente del romanzo, infatti, è la presenza di molteplici narratori, i cui racconti, sfruttando proprio il particolare formato dell'opera, si intrecciano e interagiscono tra loro in modo estremamente elaborato e disorientante. Il libro contiene inoltre parecchie note, molte delle quali ne contengono a loro volta altre, alcune riferendosi a libri, studiosi e quant'altro del tutto inesistenti, unicamente frutto della penna dello scrittore. In alcune pagine sono presenti solo poche frasi, se non alle volte semplici parole, disposte spesso nei modi più disparati, in modo tale da riprodurre effetti grafici agorafobici o claustrofobici, in linea con il susseguirsi degli eventi narrati.
[Fonte: Wikipedia]
Il copione: con 55 note spudorate
di Guglielmo Pinna
Il racconto è contenuto nella raccolta “L’invasione delle ballerine” (Mazzanti, 2019). Le cinquantacinque note “spudorate” che accompagnano il testo partono già dal sottotitolo, dove la parola note è collegata alla prima: “Un commentatore, leggendo questa storia”, fu preso da critico ardore e in un momento di follia ne compilò 1166 note, una per ogni parola, compreso il titolo, gli articoli e le congiunzioni. In un secondo momento si accinse a commentare anche i punti e le virgole. Del suo commentario, che mi sembra eccessivamente scrupoloso, riporto solo le 55 note principali, ben sapendo che anche in questo modo dissuaderò molti dal continuare la lettura. Giustamente i lettori non amano essere presi per mano. Il mio consiglio è quindi di lasciar perdere gli altrui commenti e affidarsi alle proprie emozioni, se mai saltando di nota in nota per pura curiosità.”
Ma dov’è davvero il racconto? E’ nel testo o nelle note? Le note sono a loro volta, in nuce, piccoli racconti, che invitano il lettore ad immergersi in altre storie parallele.
Museo del romanzo della Eterna: primo romanzo bello
di Macedonio Fernandez
Museo del romanzo della Eterna, iniziato nel 1904 e compagno dell’autore fino alla morte, sovverte ogni concezione classica della distinzione dei generi e dissolve qualunque canone lo abbia preceduto. È un gesto di denudamento tradotto in scrittura e protratto nel tempo eternamente inconcluso di un’opera aperta. Si tratta di accettare un invito malsicuro e ritrovarsi, sin dal primo momento, non ospiti ma ostaggi di un poeta senza età, di un folle, o forse di un genio invasato, di un filosofo visionario, e di un buffone, un profeta, un teorico dell’arte indemoniato. Sfilano le identità, si accumulano e si ingarbugliano i discorsi, si disarticolano storie, si smontano personaggi, e l’ostaggio, costretto a un dialogo impossibile, ridotto a interloquire con un’assenza cangiante, si ritrova fatalmente solo, senza scampo e senza scuse, finché per la soddisfazione del suo ospite fa infine esperienza del “trauma dell’inesistenza”. Solo allora, abbandonata insieme all’autore l’identità, sacrificato il senso, deposta ogni credenza, quel che resta del lettore potrà, con quel che resta della lettura, incontrare l’Assoluto.
[Fonte: Castelvecchi editore]
Nel 1920, un anno prima di avvicinarsi a Borges, il quarantaseienne Fernández aveva perso l’amata moglie Elena de Obieta, con la quale aveva avuto quattro figli, ed era stato segnato dal lutto a tal punto da abbandonare la professione di avvocato. Senza scivolare nel biografismo, non si può ignorare quest’elemento nell’approcciarsi a un’opera come Museo del Romanzo della Eterna, nata proprio per rendere alla moglie un omaggio imperituro. E per farlo, secondo la sua idea di letteratura, era necessario scrivere il “primo romanzo bello” della storia: «Non credo molto che la letteratura del passato sia bell’arte; opere di prosa artistica, di genere serio, non abbondano. […] affinché appaia il primo romanzo bello è necessario che si scriva l’ultimo brutto»; ecco perché, parallelamente a Museo, Fernández componeva Adriana Buenos Aires (Ultimo romanzo brutto), che al contrario rispettava quelle regole. I due desideri, quello di rendere immortale Elena attraverso un romanzo perfetto e quello di scrivere il romanzo perfetto che l’avrebbe resa immortale, furono almeno inizialmente complementari, e si inseguirono lungo gli interminabili cinquant’anni di stesura e riscrittura dell’opera. Questo duplice obiettivo fu però conseguito soltanto ventitré anni dopo la morte di Macedonio e per mano del figlio Adolfo de Obieta, che a partire dal 1960 si cimentò nell’impresa di raccogliere, ordinare e diffondere l’opera completa del padre. In patria, Museo apparve soltanto nel 1975; in Italia, invece, è stato pubblicato nel 1992 e viene riproposto oggi da Castelvecchi, Castelvecchi, che ha mantenuto l’impeccabile curatela di Fabio Rodríguez Amaya (co-traduttore insieme a Giovanna Albio, Paola Argento e Martha Canfield).
Siamo nei territori dell’avanguardia e di un proto-postmodernismo. Basti sapere che il romanzo vero e proprio inizia soltanto a metà delle trecento pagine totali, dopo 57 prologhi pensati per prevenire qualsiasi riflessione di lettori e critici, 57 episodi eterogenei densi di teorie sulla forma-romanzo, sulla costruzione dei personaggi, sulla fama e persino sul mercato editoriale, un insieme molteplice supportato da una prosa divertita ed elegante. Ma anche quando il romanzo ha inizio, Fernández fa di tutto per impedire la sospensione dell’incredulità, ricordandoci subito che gli esseri che si muovono tra le sue pagine sono stati «manipolati» e «non hanno vita», e a volte delegando a un personaggio il compito di disfare la narrazione. Non che in Museo manchino eventi, passioni, azioni, dialoghi e colpi di scena, ma di ogni elemento è sempre messa in discussione la veridicità, tanto che il libro a tratti assomiglia al resoconto degli anni trascorsi dall’autore all’interno della sua opera-dimora. A complicare le cose, i personaggi sono per metà ombre di persone reali e per metà proiezioni di due soli archetipi: Fernández è il Presidente, intorno al quale orbita il tutto, ma è anche Dunamor (il vedovo idealista che fa rivivere la sua amata), Forsegenio (l’artista che corteggia Dolce-Persona attraverso «il sistema meno indicato e più noioso: il genere narrativo») e Padre; allo stesso modo Elena origina l’Eterna, Dolce-Persona, Bellamorta e Bellaviva, che sono di fatto la stessa entità osservata da punti di vista e in momenti storici diversi. Come osserva Amaya nella postfazione, «rintracciare un unico filo tra personaggi, autore, lettori, condizioni ed eventi è impossibile. Ma paradossalmente questo caotico universo non è casuale. Con ironia Macedonio lascia che il lettore si perda e si confonda nel suo mondo composto da relazioni e non da un creatore».
[Tratto dalla recensione di Mauro Maraschi pubblicata in L'Indice dei libri del mese]
Alphabetical Africa
di Walter Abish
Alphabetical Africa è un esperimento di scrittura vincolata di Walter Abish. È scritto sotto forma di romanzo.
Un'edizione tascabile è stata pubblicata a New York dalla New Directions Publishing nel 1974 con ISBN 0-8112-0533-9. Era ancora in stampa nel 2004.
Il vincolo
La scrittura è ristretta da una regola pseudo-allitterativa: il primo capitolo contiene solo parole che iniziano con la lettera a, il secondo capitolo solo parole che iniziano con aob, ecc.; ogni capitolo successivo aggiunge la lettera successiva dell'alfabeto all'insieme degli inizi di parola consentiti.
Questo continua per i primi 25 capitoli, fino a quando alla fine Abish è (brevemente) autorizzato a scrivere senza costrizioni.
Nella seconda metà del libro, fino al capitolo 52, le lettere vengono rimosse nell'ordine inverso a quello in cui sono state aggiunte. Quindi, le parole z scompaiono nel capitolo 27, y nel capitolo 28, ecc...
Errori
I lettori hanno notato che ci sono diversi punti della narrazione in cui il vincolo viene violato. La maggior parte dei conteggi di queste violazioni li numera tra quattro e sei; tuttavia, fino a 43 sono stati notati da lettori astuti.
Un punto controverso è se i fallimenti nel soddisfare il vincolo siano intenzionali, e quindi potenzialmente significativi, o siano semplicemente errori di modifica. Si dice che quando Abish è stato informato degli errori, ha reagito con totale sorpresa.
Due degli errori erano "I" trovati più avanti nel libro, situati vicino ai margini, molto probabilmente trascurati durante la modifica. Errori simili di ortografia e grammatica si verificano in altre opere di Abish, come How German Is It (1980), dove la presentazione esatta è chiaramente una priorità, e quindi gli errori risultano intenzionali.
[Fonte: Wikipedia]
The Familiar
di Mark Z. Danielewski
The Familiar, Volume 1: One Rainy Day in May è un romanzo americano dello scrittore Mark Z. Danielewski. Rilasciato il 12 maggio 2015, è il primo di una storia pianificata in 27 volumi intitolata The Familiar, nonché il primo libro della Stagione 1, che include The Familiar Volumi 1-5. Questo primo volume si svolge nel corso di un solo giorno: 10 maggio 2014. La sua storia intreccia nove diverse narrazioni provenienti da tutto il mondo che continuano a svilupparsi nei volumi successivi.
One Rainy Day in May è stato seguito da:
The Familiar, Volume 2: Into the Forest (October 27, 2015)
The Familiar, Volume 3: Honeysuckle & Pain (June 14, 2016)
The Familiar, Volume 4: Hades (February 7, 2017)
The Familiar, Volume 5: Redwood
Il 2 febbraio 2018, Mark Z. Danielewski ha pubblicato sul suo account Facebook che Pantheon ha sospeso la pubblicazione dei volumi successivi di The Familiar perché il numero di lettori non giustificava il costo.
Interconnessione
Un tema ricorrente di questa serie è l'unicità di tutte le cose e i molti legami tra le persone in tutto il mondo, nonostante le loro differenze. I personaggi di Danielewski abbracciano più razze, nazionalità e parlano una varietà di lingue, tra cui spagnolo messicano, arabo egiziano, armeno, turco, singlish, mandarino e russo. Vengono anche da luoghi disparati; in questo primo volume i personaggi principali iniziano a Los Angeles, Marfa, El Tajín e Singapore. Ma le connessioni si stanno già formando tra loro - per esempio, Xanther ha il gatto di Tian Li, l'amico di Cas Sorcerer conosce Anwar e Xanther, e Isandòrno e Luther lavorano entrambi con Teyo. Molti dei personaggi di The Familiar sentono anche lo stesso suono stranamente familiare: il guaito di un gatto.
Serializzazione e televisione
Danielewski ha più volte espresso il desiderio di ancorare i suoi libri in un rapporto con un media specifico. Laddove House Of Leaves parlava di un film e Only Revolutions parlava di "musica", The Familiar "riguardava una serie televisiva". Il numero di volumi annunciato per The Familiar corrisponderebbe quindi a un'intera serie televisiva. In un'intervista del 2011 ha dichiarato di aver mappato i primi 10 libri come "due stagioni in 5 volumi". A tal proposito A Rainy Day in May è stato descritto dalla critica come un "episodio pilota". Tra i suoi riferimenti, Danielewski cita l'esperienza delle "cinque stagioni di The Wire o le speculazioni selvagge di Battlestar Galactica" che sono costruite su più trame: "questi romanzi visivi sono entrati nei nostri salotti e camere da letto e raccontano una storia in modo molto maggiori dettagli e con molta più pazienza." Per lui, la scelta di rimediare, all'interno di una serie di libri, al modo in cui i programmi TV "prestigiosi" hanno plasmato le narrazioni, è "un investimento a lungo termine nel futuro".
Questa descrizione dei programmi TV moderni come "romanzi visivi" e di The Familiar come una serie televisiva in corso anche se nella forma di un libro, risuona nel mondo tipografico del libro. Ogni volume di The Familiar si apre con immagini che si nutrono del suo universo immaginario, inclusa la miniserie "Caged Hunt", una descrizione completamente trascritta di un video racchiuso nella cornice riconoscibile, simile a YouTube, di un lettore digitale. La presenza pervasiva delle serie televisive come capisaldi della cultura mainstream americana, si avverte anche nei numerosi riferimenti a Battlestar Galactica come comune godimento di Anwar e di sua figlia Xanther, da confrontare con le citazioni e le citazioni di libri e videogiochi, un moderno panorama mediatico.
Processo di scrittura e collaborazione
Nello scrivere questa serie, Danielewski “ha dovuto fare affidamento sugli individui, sulle tecnologie, [e] su veri e propri viaggi in luoghi.” Le persone coinvolte nel progetto includono professori, dottorandi, ricercatori, programmatori di computer, grafici, traduttori, anche i detective di Los Angeles. Chiama il suo gruppo più stretto di collaboratori "Atelier Z" (ispirato al termine francese atelier).
“Beh, l'Atelier Z stesso non è mai composto da più di due o cinque persone; questi sono il nucleo delle persone che lavorano costantemente, che ci mettono una quantità assurda di energia e amore. E poi, se controlli il retro di un volume, vedrai che sono facilmente coinvolte due dozzine di persone, in tutto il mondo, in Turchia, in Spagna, in Francia, in vari luoghi. Quindi è uno sforzo globale, in cui spesso con le persone, utilizzando Skype, esamino le immagini o qualunque cosa stiano facendo. ”
Prima dell'uscita negli Stati Uniti del primo volume il 12 maggio 2015, Pantheon ha reso disponibili copie anticipate per l'uso in classe e docenti e studenti universitari negli Stati Uniti e in Inghilterra hanno partecipato a una lettura interistituzionale del romanzo. Questo gruppo includeva l'Università della California, Santa Barbara; Università del Tennessee, Knoxville; Università De Montfort; Università di Notre Dame; Università della California.
Formato
Come l'altro lavoro di Danielewski “”House of leaves”, The Familiar ha una struttura molto particolare, e questo primo volume ha creato la cornice che ogni volume successivo ha seguito finora. Ogni volume contiene:
Esattamente 880 pagine divise in 30 capitoli
Dettaglio della copertina, incluse due pagine di pubblicità dal mondo di The Familiar
Tre anteprime (simili alle anteprime TV) in una sezione chiamata "Novità di questa stagione"
Cinque atti
Cinque intermezzi
Una dedica finale (simile ai crediti TV)
Una sequenza finale che coinvolge un animale
Anche i capitoli hanno una loro particolare struttura. Poiché ci sono nove diversi personaggi principali che si alternano a narrare la storia in terza persona, ciascuna delle nove narrazioni è indicata con un carattere diverso e un orecchio di cane di colore diverso nell'angolo di ogni pagina.
[Fonte: Wikipedia]
Avalovara
di Osman Lins
«Avalovara» è un uccello immaginario, «un essere composto, fatto di uccellini minuscoli come api. Uccello e nuvola d’uccelli»: un essere immaginario che, secondo quanto l’autore stesso ebbe a dichiarare in un’intervista, simboleggia non soltanto il suo romanzo, ma qualsiasi romanzo. In certo qual modo Avalovara vuol essere dunque un’allegoria dell’arte del narrare. Eppure dalle sue pagine dense, dai suoi episodi apparentemente frammentari, scaturisce la vitalità palpitante di una penetrazione psicologica e di un’efficacia emotiva davvero affascinanti. Perché Avalovara è anche un romanzo d’amore: tre storie s’intrecciano tortuosamente nel tempo e nello spazio (seguendo il movimento di una spirale sovrapposta al cosiddetto quadrato del Sator) con due protagonisti narranti in prima persona. «Avalovara», l’immaginario rifulgente uccello, diviene allora un simbolo «della gioia della gloria dell’incontro della misericordia».
[Fonte: Sito editore Lindau]
Rayuela: il gioco del mondo
di Julio Cortazar
Il gioco del mondo (titolo originale: Rayuela), pubblicato nel 1963, è il romanzo più famoso dello scrittore argentino Julio Cortázar. Al tempo della sua pubblicazione, venne ampiamente considerato da parte di scrittori e letterati dell'epoca quale il corrispettivo per la letteratura latinoamericana di ciò che l'Ulisse di James Joyce fu per la letteratura europea del primo Novecento.
Considerato uno dei romanzi più influenti della letteratura latinoamericana contemporanea, l'opera, redatta attraverso un estensivo utilizzo del flusso di coscienza[2], si segnala per una particolare e sperimentale struttura narrativa, che consente al lettore di "navigare" l'intera vicenda ivi illustrata attraverso la variegata componibilità di svariati e distinti punti di vista e vere e proprie linee narrative parallele, grazie alla peculiare possibilità di assemblare secondo varie modalità l'ordine dei labirintici capitoli del libro, con il chiaro intento, da parte dell'autore, di rompere con quel senso di predeterminazione tipico dei romanzi "tradizionali".
Una delle caratteristiche salienti del romanzo, come si è detto prima, è la rottura con tutto ciò che era stato scritto fino ad allora, nel senso che la normale modalità di lettura sequenziale di un libro è, in Rayuela, solo una delle molteplici modalità di lettura e di interpretazione del romanzo.
L'autore dunque propone due letture possibili all'inizio del libro tramite una tavola d'orientamento. Queste due forme sono:
- leggerlo nella maniera tradizionale, partendo dalla prima pagina e seguendone il normale ordine sequenziale fino al capitolo 56, dove tre asterischi indicano la conclusione dell'opera;
- leggerlo a partire dal capitolo 73, seguendo poi l'ordine dei capitoli stabilito dall'autore. Con questa modalità di lettura, frammentaria e non-lineare, sono esposte ulteriori informazioni, avvenimenti e personaggi al lettore, che viene portato in un ambiente letterario meno tradizionale e più complesso; in questa modalità, il capitolo 55 viene completamente saltato, mentre gli ultimi due capitoli (131 e 58) rimandano sempre a se stessi, suggerendo quindi che la storia non abbia fine.
infine esiste un'altra forma di lettura, suggerita indirettamente dall'autore, che consiste nel leggere il romanzo con la sequenza dei capitoli scelta liberamente dal lettore, ordinando e disordinando i capitoli a proprio gusto. Questa modalità di lettura verrà poi ulteriormente esplorata dall'autore nel suo romanzo seguente 62/modelo para armar.
[
Fonte: Wikipedia]
Nibiru
di Karl Tenbro
A quasi vent'anni dalla sua prima pubblicazione, quello che uno dei più importanti quotidiani americani definì "Un volgare sogno metropolitano bagnato da un noir fantastico", viene pubblicato nella sua versione completa, non privata quindi dei famosi tre capitoli censurati, "Nibiru" di Karl Tenbro. Un'opera surreale dai tratti orrorifici che trasforma il mondo quotidiano in qualcosa di assurdo. Una macabra, rigorosa, progressiva allucinazione che esplode in una lunga discesa verso l'abisso della follia umana.
Recensione:
Preparatevi ad una discesa in un universo letterario atipico, ad esplorare il mondo della follia, perché "Nibiru" è qualcosa che vi sconvolgerà, vi disturberà.
Secondo Sitchin, Nibiru è un pianeta la cui esistenza sarebbe descritta in antichi testi Sumeri. Non c'è nessuna valenza scientifica seria che provi o dimostri la suddetta affermazione, quindi possiamo dire che Nibiru è un sogno, una distorsione della realtà, un miraggio.
Tenbro lo prende in prestito per titolare la sua opera che, come il pianeta di Sitchin, si lega e si allontana dalla realtà, costruendo qualcosa che è anche difficile collocare in un preciso genere letterario. Fantascienza? Horror? Noir? Quello che si affronta è una trama che somiglia ad un nastro di Mõbius, a "Casa di scale" di Escher, qualcosa che stende un velo lasciando solo dei momenti nei quali il lettore può scorgere in un lampo, in un brillio, qualcosa sullo sfondo di terribile, destabilizzante. Una tragedia che ha preso il protagonista e lo ha sconvolto a tal punto da lasciarlo in balia della confusione, dell'annientamento mentale, del nulla. In lui si alternano visioni, volontà autodistruttiva, senso di colpa: una giostra di sensazioni negative che lo straziano.
La prima cosa che colpisce di "Nibiru" è il formato di stampa: un A4. Affatto un tascabile e scomodo da tenere in mano, va appoggiato su di una superficie. L'introduzione, già subito, mostra un'organizzazione di caratteri instabile, non convenzionale, che ritroveremo anche nei capitoli del romanzo: pagine con paragrafi canonici, parole scritte in colonna, a rovescio, sconvolgente interpretazione degli spazi che fa spalancare gli occhi ed è il riflesso stampato della confusione che domina il personaggio principale.
Ma chi è, o chi era, l'uomo che ci parla? Mistero. E' una figura abbruttita, che si porta dentro un peso che l'ha trascinato in un inferno fatto di allucinazioni e incubi che il continuo stato alterato dall'alcool non aiuta di certo. Da leggere con calma, a piccole dosi, questo romanzo ha sul lettore un'azione respingente e la scrittura, a volte fluida, altre a singhiozzo, con evoluzioni ed involuzioni, da una parte alimenta la curiosità di trovare il bandolo della matassa, di capire, di scoprire la chiave che donerà al tutto logica e consequenzialità, ma dall'altra fa chiudere il volume con la voglia di respirare, di staccarsi.
"Nibiru" è sempre fedele a sé stesso, a ciò che descrive e alla costruzione del suo protagonista, ma questo lo rende un romanzo godibile nel quale immergersi?
E' un romanzo faticoso, ermetico. Se un lettore si può innamorare di uno scritto, "Nibiru" non ama chi lo legge. E' freddo, folle, distante ed alieno, esattamente come il presunto pianeta dal quale prende il nome.
[Fonte: Recensione di Tatiana Vanini in librierecensioni.com]
Trees of Code
di Jonathan Safran Foer
Tree of Codes è un'opera d'arte, sotto forma di libro, creata da Jonathan Safran Foer e pubblicata nel 2010. Per creare il libro, Foer ha preso il libro di Bruno Schulz The Street of Crocodiles e ha ritagliato la maggior parte delle parole. L'editore, Visual Editions, lo descrive come un "oggetto scultoreo". Lo stesso Foer spiega il processo di scrittura come segue: "Ho preso il mio libro preferito, La strada dei coccodrilli di Bruno Schulz, e rimuovendo le parole ho ricavato una nuova storia".
A causa delle difficoltà fisiche legate alla stampa di un libro in cui la maggior parte delle parole sono state ritagliate, Foer ha dichiarato che ha dovuto contattare diversi editori prima di trovarne uno disposto a stamparlo. L'unico ufficio tipografico che poteva fare il lavoro era die Keure, dal Belgio. Ha anche detto che a causa del modo in cui il libro doveva essere rilegato, non poteva essere prodotto in un'edizione con copertina rigida.
[Fonte: Wikipedia]
theMistery.doc
di Matthew McIntosh
Il volume è in gran parte composto da frammenti di scambi e voci varie e apparentemente arbitrarie da fonti digitali e analogiche, tra cui e-mail e chat, registrazioni vocali e video, fotografie, fotogrammi di film, righe di codice del computer, simboli tipografici e molti spazi vuoti. "Themystery.doc" è il titolo di un file che il (probabilmente) protagonista del libro, un uomo che si sveglia senza alcun ricordo della sua vita o identità per scoprire che è al lavoro su un seguito del suo romanzo d'esordio , trova sul suo computer. Sono mescolati materiali che sembrano frammenti biografici non fittizi e innegabilmente reali della vita dell'autore (come un'istantanea amatoriale del primo libro di McIntosh). In queste parti, i lettori imparano a conoscere il personaggio principale, la battaglia di suo padre contro il cancro al cervello e il suo processo per scrivere quello che potrebbe essere o meno il gigantesco libro che stanno leggendo. Questo è un lavoro strano e inclassificabile, che ricorda progetti visivamente stimolanti come House of Leaves di Mark Z. Danielewski.
[Tratto da www.publishersweekly.com]
The raw shark texts
di Steven Hall
Pubblicato in italiano con il titolo Le memorie dello squalo, è il romanzo d'esordio dell'autore Steven Hall, pubblicato nel 2007. Il titolo originale (The raw shark texts) è un gioco di parole sul "Test di Rorschach", test psicologici sulle macchie d'inchiostro. Il romanzo è un'opera di Meta-narrativa che utilizza poesia concreta, barzellette linguistiche e riferimenti culturali. È la storia di un amnesico che riscopre la sua vita passata attraverso una surreale raccolta di indizi che si è lasciato sfuggire un cattivo steampunk (lo steampunk è un filone della narrativa fantastica, e più nel dettaglio di quella fantascientifica, che introduce una tecnologia anacronistica all'interno di un'ambientazione storica) e lo squalo del titolo.
Il libro utilizza diverse dimensioni e strutture tipografiche per creare immagini come un modo letterale di evidenziare l'incrocio tra la realtà oggettiva e la sua descrizione. Diverse pagine formano un'animazione a fogli mobili di un attacco di squalo fatta di testo. L'autore ha dichiarato di essere interessato alle "immagini testuali" e all'"esplorazione di idee sul linguaggio e sull'evoluzione delle idee e del linguaggio in senso visivo".
Negativi o non capitoli
The Raw Shark Texts consiste di 36 capitoli principali legati al romanzo stesso e di altre 36 sezioni "perse", note come "negativi" o "non capitoli" che esistono al di fuori del testo principale stampato. Questi "non capitoli" extra (scritti sempre da Steven Hall) sono stati trovati periodicamente dall'uscita iniziale del libro, nascosti online o nel mondo reale. Contenuti negativi unici sono stati scoperti anche in diverse edizioni tradotte dei Raw Shark Texts dalla pubblicazione dell'edizione originale in lingua inglese nel 2007.
[Fonte: Wikipedia]
Se una notte d’inverno un viaggiatore
di Italo Calvino
Se una notte d'inverno un viaggiatore è un romanzo di Italo Calvino pubblicato nel 1979. In esso Calvino narra la storia di un Lettore che, nel tentativo di leggere un romanzo (intitolato appunto Se una notte d'inverno un viaggiatore), è per ragioni sempre differenti costretto a interrompere la lettura del libro che sta leggendo e intraprendere la lettura di un altro. L'opera, narrata per la maggior parte in seconda persona, diventa quindi una riflessione sulle molteplici possibilità offerte dalla letteratura e sulla impossibilità di giungere a una conoscenza della realtà.
Il romanzo ha avuto un notevole successo in Italia e all'estero, specialmente negli Stati Uniti, dove è stato letto immediatamente come esempio di letteratura postmoderna. Appartiene quindi al genere del metaromanzo, un romanzo che si interroga sulla sua stessa natura.
Il libro è composto da undici brani, dieci dei quali sono inseriti all'interno di una cornice: infatti sono costituiti da dieci incipit di altrettanti romanzi. La storia della cornice, che si sviluppa parallelamente alla lettura dei diversi incipit, narra invece del Lettore (chiamato esplicitamente Lettore) e Ludmilla (la Lettrice), e della loro storia d'amore, che segue uno schema narrativo tradizionale in cui non manca il lieto fine.
[Fonte: Wikipedia]