Il Museo Egizio di Torino è il museo più antico, a livello mondiale, interamente dedicato alla civiltà nilotica ed è considerato il più importante dopo quello del Cairo.
LA STORIA
Il primo reperto arrivato a Torino, con il quale si fissano le origini della collezione, è la Mensa isiaca, una prestigiosa tavola d’altare in bronzo dedicata al culto della dea egizia Iside. Essa arriva a Torino nella metà del XVII secolo. Appartenuta in precedenza allo stato Pontificio, nel 1630 risulta presente tra le antichità della famiglia reale dei Savoia. La tavola attira subito gli interessi di ogni studioso delle civiltà antiche per bellezza, tipo di raffigurazioni e presenza dell’antica scrittura degli egizi. Nello stesso periodo si ha un arrivo consistente di monumentali obelischi in seguito alla divenuta provincia romana dell’Egitto.
Il XVIII secolo diventa la seconda tappa della formazione del museo: i Savoia acquisiscono le prime antichità provenienti direttamente dall’Egitto. In seguito al viaggio del naturalista padovano Vitaliano Donati, giunge nella città sabauda il complesso di tre statue monumentali: la prima proveniente da Coptos, le altre due da Tebe. La prima raffigura una dea con la testa sormontata dal disco solare posto tra corna bovine, la seconda la figura seduta della dea Sekhmet con la testa leonina e la terza il faraone Ramesse II in piedi nell’atto di camminare. Le tre statue sono collocate nel Palazzo dell’Università in via Po e assieme alla Mensa isiaca costituiscono il primo nucleo di antichità egizie presenti nella capitale sabauda.
La terza e fondamentale tappa della formazione del museo è l’acquisto della collezione Drovetti da parte di Carlo Felice, nel 1824. La capitale sabauda diventa sede privilegiata di studi egittologici: i reperti vengono “catalogati” dal francese Jean-Francois Champollion, famoso per aver decifrato i geroglifici in seguito. Si apre in questo periodo una fase importantissima della riscoperta dell’Antico Egitto e per l’egittologia stessa. Con la spedizione di Napoleone viene alla luce la Stele di Rosetta, nei pressi di Alessandria. La stele, come già noto, è una lapide in granito, che riporta un decreto in onore del faraone Tolomeo V, composto in occasione del primo anniversario della sua incoronazione (196 a.C.). Il testo è inciso in tre lingue diverse: nella lingua ufficiale dell’epoca, in greco e in geroglifico. Champollion capendo che di fatto è lo stesso testo riportato in tre lingue, decifrerà il geroglifico.
Drovetti acquista per 400.000 lire piemontesi, pari a mezzo bilancio annuale della Pubblica Istruzione e delle Belle Arti, una numerosa collezione di reperti. Essa viene suddivisa poi in diciannove sezioni: tra papiri e manoscritti; oggetti di bronzo, di ferro e di piombo; tavole o pietre sepolcrali; mummie; mobili e oggetti di abbigliamento; monete ecc. Ogni sezione è composta da una cospicua quantità di materiali, per un totale superiore ai seimila pezzi, con significative testimonianze dell’arte, delle tradizioni religiose e funerarie, del grande patrimonio trasmesso dalla cultura scritta e del più quotidiano mondo del lavoro e della vita domestica. Da ricordare il numero consistente di monete. Punto di forza della collezione è la serie di papiri, alla base dei primi studi sugli scritti funerari del Libro dei Morti. Con questa nuova collezione, si prende in considerazione una nuova sistemazione, con questo scopo viene completata l’ala del palazzo di piazza Carignano, detto Collegio dei Nobili, costruito su disegno di Michelangelo Garove.
Nel 1832 la collezione Drovetti si unisce alla sezione di antichità del Museo Universitario, comprensiva del primo fondo di reperti egizi con la Mensa isiaca e le statue di Donati. Nel 1865, viene aggiunta anche la Quadreria sabauda, la prestigiosa raccolta di quadri conservata nel Reale Castello. Il Palazzo dell’Accademia Delle Scienze (sito della collezione egizia) diventa così la sede di multiple forme di conoscenza che spaziano dalla natura alla storia e all’arte. Successivamente ulteriori doni e acquisizioni contribuiscono a rendere il museo un solido punto di riferimento per la conoscenza dell’antico Egitto. Acquisizione molto importante di questa fase è la copia della statua di babbuino.
Nel 1896 avviene il passaggio del Museo dall’Università allo stato italiano e inizia per la collezione una nuova fase della sua storia. Il primo atto della nuova gestione del museo da parte dello Stato italiano fu segnato dall’acquisizione della sezione egizia del museo kircheriano, la straordinaria collezione di antichità costruita nel XVII secolo dal padre gesuita Atanasio Kircher nel Collegio Romano. Al padre gesuita si devono i primi studi sulla civiltà egizia e sulla sua misteriosa scrittura. Intense sono le attività di acquisti e scavi in questa fase. L’epoca del collezionismo è terminata e l’impostazione scientifica nella ricerca spinge ad un numero sempre più crescente di esplorazioni della Valle del Nilo, che porta tra la seconda metà del XIX secolo e l’inizio del XX alla nascita dell’archeologia. Nel 1900 Ernesto Schiaparelli diventa direttore del museo, inizia un’impegnativa serie di acquisti in Egitto. In questa fase viene scoperta la tomba della regina Nefertari, nella Valle delle Regine, dove emergono le straordinarie pitture delle pareti e del soffitto stellato, una suggestiva ricreazione del mondo divino in cui la regina avrebbe dovuto continuare la sua vita. Seconda ma non per importanza è la scoperta della tomba dell’architetto Kha e della moglie Merit. Riportata alla luce nella necropoli di Deir el-Medina, essa è completamente intatta e conserva ogni tipo di arredo e tutto ciò che poteva contenere l’abitazione di una famiglia abbiente tebana del 1400 a.C. circa. Ecco che vesti pregiate di lino, ampolle con profumi, cibo, una parrucca di cappelli veri, sgabelli, sedie e letti, poggiatesta si presentano agli occhi degli studiosi. Due sarcofagi in legno dorato conservano le mummie dell'architetto e della moglie. Esse sono accompagnate da gioielli in oro e pietre dure sul petto e alle mani, preziosi ornamenti dei corpi, accuratamente avvolti in bende. Architetto reale, con Kha sono stati seppelliti tutti i suoi strumenti da lavoro. Oggetto molto significativo è un esemplare di cubito in oro, strumento di misura lineare degli egizi pari a 523 cm, donato forse proprio da un sovrano. Altro esempio significativo di tomba privata è la cappella di Maia. Essa è notevole per la documentazione delle pitture e delle tipologie architettoniche delle tombe private degli abitanti del villaggio. La spedizione di Schiaparelli e di Farina aggiunge 20.000 reperti alla già consistente collezione egizia torinese, perciò all’interno del palazzo vengono adibiti nuovi spazi e sale per l’esposizione. La collezione egizia è talmente grande e importante che viene separata da quella greco-romana, come la relativa istituzione del Museo Egizio da quella del Museo di Antichità. É il 1939.
Il dopoguerra, e soprattutto gli anni Ottanta, segnano un altro momento di svolta nella storia del museo: si inizia a vedere dei cambiamenti che hanno come obiettivo la valorizzazione dell’esposizione. Si crea un nuovo percorso di visita con il recupero e la sottomurazione dell’Ala Schiaparelli che rende fruibili ampie sale sotterranee dedicate alle attività archeologiche ad Assuit, Qau el-Kebir Gebelein. Al piano terreno, viene recuperata una sala destinata ad accogliere le antichità dell’Età Predinastica e dell’Antico Regno. Inoltre, il tempietto rupestre di Ellesija perviene a Torino nel 1966, donato dall’Egitto all’Italia in forma di ringraziamento per il contributo avuto nel salvataggio dei monumenti nubiani. La struttura fu tagliata in 66 blocchi e successivamente ricomposta e inaugurata il 4 settembre 1970.
IL MUSEO OGGI
Attualmente, il Museo conserva una collezione di circa 40.000 reperti; di cui 3.300 oggetti sono esposti nelle sale e circa 12.000 nelle Gallerie della Cultura Materiale. I reperti sono dislocati in uno spazio visitabile di 12.000 mq, disposti su 4 piani. Le sale ora sono dotate di un sofisticato impianto di controllo igrotermico. Dal 2004 il Ministero dei beni culturali ha affidato la gestione alla Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino per un periodo di trent’anni. La Fondazione è formata dalla Regione Piemonte, la provincia di Torino, il Comune di Torino, la Compagnia di San Paolo e la Fondazione CRT. Il Museo viene così gestito da istituzioni pubbliche locali e gode di finanziamenti delle fondazioni bancarie e di una maggiore autonomia gestionale. Primo presidente è stato Alain Elkann. Dal 2012 è in carica Evelina Christillin. Con un concorso a livello mondiale nel 2014 viene scelto come direttore del museo Christian Greco, studioso con un notevole curriculum.