Trafalgar, di Benito Pérez Galdós

o, come celebrare una sconfitta

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Andras
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Ultimo aggiornamento: 19/10/2023
L’iconografia della battaglia di Trafalgar (1805) è dominata da una sola persona, l’ammiraglio Horatio Nelson. Lo vediamo immerso nel Pensiero (con la P grande del dovere nei confronti della patria) seduto nella cabina della nave ammiraglia Victory e poi, durante la battaglia, sdraiato sul ponte o sotto coperta, circondato da buona parte dei suoi ufficiali e della ciurma, dirigere, benché mortalmente colpito, la squadra britannica verso la vittoria sulla flotta franco-spagnola. Queste immagini, cariche di pathos patriottico, giustamente sono diventate capisaldi dell’orgoglio militare inglese.
Che effetto farebbe invece se al centro dello scontro navale non fosse un inglese vincitore, ma uno spagnolo sconfitto e per giunta minorenne, adolescente che era capitato sulla nave ammiraglia spagnola, la Santa Trinidad, per circostanze più o meno fortuite? È proprio quello che ci propone Benito Pérez Galdós. Trafalgar è il racconto picaresco di un ragazzino, Gabrielito, che, uscito dai bassi della città portuale di Cadice e superando una serie di peripezie, arriva ad assistere in persona al largo del capo di Trafalgar, dal ponte della nave spagnola, la più grande del suo periodo, allo scontro tra i due ammiragli, Nelson e Villeneuve. Non che la storia del nostro scugnizzo andaluso sia meno carico di patriottismo, c’è ne di glorificazione di generali, ufficiali e semplici marinai – Trafalgar è il primo, di più di 40 romanzi storici “spagnoli” scritti da Pérez Galdós sotto il titolo di serie “Episodios nacionales” – ma, Gabriel, ormai vegliardo, riveste il vissuto dell’anno 1805 nel proprio personalissimo romanzo di formazione, seppur con quel po’ di afflato “rojo-amarillo”: il ladruncolo della Caleta (la spiaggia di Cadice) che, orfano di madre, venne “adottato” come inserviente dalla famiglia di un vecchio ufficiale di marina che seppe entusiasmarlo alla causa patriottica, al dovere verso i propri concittadini, la bandiera ed il re è testimone e commentatore delle premesse, delle fasi salienti e degli esiti più o meno infausti della battaglia navale. Un episodio che segnava una sorte di iniziazione all’età adulta, come accadde a generazioni di adolescenti che scelsero il mare come linea d’ombra. L’ardore nazionalista e agonistico di cui l’animo giovanile era stato imbevuto lo trascinò sugli assi del ponte del grande vascello di linea. Ma il fuoco che allora consumò il narratore è ormai attenuato dall’esperienza di una vita e si stempera in un atteggiamento di reciproco riconoscimento di valore tra gentlemen, inglesi e spagnoli (un po’ meno i francesi) – tra eroi ci si intende – che infine non riesce nemmeno a sopprimere la consapevolezza della sostanziale, inutile e crudele efferatezza di tutte le guerre che vinte o perse lasciano un enorme vuoto umano. Sarà lo sguardo innocente del bambino o quello navigato del vecchio a giungere a sì fatto giudizio? Non lo sapremo mai anche perché lo scrittore spagnolo lo cela ironicamente sotto il velo dell’epopea picaresca tra le onde.
Consigliato da
Andras
Prendendo in mano Trafalgar di Benito Pérez Galdós mi sono chiesto se la sua lettura mi riportasse alle esperienze precedenti con la letteratura marinara, soprattutto inglese e con un po’ di malizia mi posi la domanda di come uno spagnolo fosse riuscito ad elaborare un episodio della propria storia recente così traumatico come la sconfitta del capo di Trafalgar. Dopo aver letto le poche pagine introduttive ho potuto notare il contrario di quanto temetti: il romanzo storico dello scrittore canario non scimmiotta la ben corposa letteratura britannica sulle guerre in mare, ed in particolare quelle napoleoniche, ma sa dargli con l’invenzione picaresca del fanciullo un tocco originale, genuinamente ingenuo in mezzo all’inevitabile apoteosi dei combattenti, in primis spagnoli e poi inglesi. Appare infatti stimolante la tensione, quel po’ di irrisolto che percorre tutto il romanzo, tra il punto di vista del bambino che, l’autore lo sottolinea ripetutamente, ignora ancora molte cose e la visione panoramica sull’evento storico e sulle peripezie della vita in generale del vecchio narratore. È, in realtà, quest’ultimo a declamare il panegirico patriottico della battaglia, ad erigere l’epitaffio letterario agli eroi. Ma la sovrapposizione del bambino fa sì che ne il pathos risulta in qualche modo inficiato, ironicamente limitato tanto da permettere all’autore quell’ultima sentenza sull’inutilità della carneficina. Là le esperienze del bambino e del vegliardo si incontrano, si integrano l’una con l’altra nella loro atemporalità, a chiusura o apertura del ciclo della vita.
copertina Trafalgar

Trafalgar

/ Benito Perez Galdos
È il 21 ottobre 1805: davanti al promontorio di Trafalgar le navi inglesi, comandate dall'ammiragli...
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