Pony, di R. J. Palacio

Silas, fin da piccolo, vive da solo con il suo papà e il suo cane in un luogo sperduto. Non va a scuola, tutto quello che sà glielo ha insegnato suo padre, che per vivere fa il calzolaio, ma che in realtà sembra conoscere e saper fare ogni cosa. La mamma non c’è più, da quello che lui ricorda sono sempre stati solo loro, e la famiglia di lei non ha mai approvato la relazione tanto da spingerli a fuggire.
Un giorno, alla loro fattoria si presentano degli uomini che invitano caldamente il padre ad andare con loro. Il loro capo è convinto che sia un famoso ricercato che nasconde l’oro da qualche parte e ha in serbo del lavoro per lui. L’uomo decide di seguirli a patto che lascino fuori dalla questione suo figlio. Silas però non intende stare ad aspettare il padre che torni, sente che l’uomo ha bisogno del suo aiuto. Così racimola le poche cose che ha e insieme a quello che apparentemente sembra il suo amico immaginario salta in sella a Pony, il cavallo arabo che gli uomini gli hanno lasciato e si avventura nel bosco. Dovrà tirare fuori tutto il suo coraggio per affrontare le paure che da sempre lo angosciano. Si rende conto da subito che non può farcela da solo, per fortuna incontrerà prima un vecchio sceriffo e poi altri due uomini di legge che combatteranno dalla sua parte.
Una pericolosissima avventura all’altezza dei migliori romanzi western, che oltre ad appassionarci con praterie, vita all’aria aperta, fuorilegge, sparatorie, cowboy e molto altro ci permette anche di entrare nella vita e nell’animo di un protagonista davvero interessante, dalla vita non facile e dalla spiccata sensibilità.

“Smontai di sella e legai Pony a una grande roccia in riva al torrente. Temevo che potesse cercare di seguirmi, ma lui sembrò capire: restò li immobile anche quando ci vide allontanarci. Se riuscissi a trovare le parole per spiegare fino a che punto mi sentivo convinto che quella creatura fosse in grado di leggere nei miei pensieri, lo farei, davvero! Ma non ci riesco.” p. 217