Sposata con un intellettuale francese e residente ormai da molti anni a Parigi, l’autrice è alle prese con un’impresa difficilissima a Teheran ovvero il rinnovo del passaporto per il quale sono necessarie fotografie d’identità islamiche che devono rispondere a precisi obblighi, niente capelli che fuoriescano dal velo, niente trucco, niente sorriso. Per tale servizio Nahal si rivolge a un fotografo specializzato e proprio da questo incontro inizierà un’odissea fatta di scontri con la burocratizzazione delle procedure e con l’arretratezza delle strutture politiche e sociali.
...”Ci stringiamo la mano, atto proscritto dalla Rivoluzione. Da quando c’è la Repubblica islamica, questo gesto, in effetti, viene considerato spregevole ed è strettamente vietato. Infatti il contatto della mani di una donna potrebbe eccitare l’uomo, fargli perdere ogni controllo e allontanarlo dalla retta via. Con la Rivoluzione, l’uomo islamico è diventato particolarmente fragile e spaventato...ma ne chiedo spesso il perché”…
Con molta divertita ironia Nahal Tajadod rappresenta la vita quotidiana nel paese dei mullah, collocando al centro del romanzo gli abitanti di Teheran: portinai, fotografi, taxisti, traduttori, burattinai, dietologi, amici, tecnici televisivi, domestiche, parenti di ogni grado, restituendoci la visione di un popolo colto, aperto, alla ricerca di una dimensione democratica.