Van Gogh è sempre stato uno dei miei pittori preferiti. Ricordo che quando diedero la notizia dell’uscita di questo film fui esaltata, lessi subito la produzione e questa frase: “Un film che ogni inquadratura è un quadro che respira”. La curiosità crebbe enormemente, se un suo quadro poteva prendere vita e muoversi con l’aiuto delle nuove tecnologie, dovevo assolutamente vederlo. Ero esaltata e timorosa allo stesso tempo. E se il film non fosse stato all’altezza delle mie aspettative? Rispondo ora così: il film ha superato enormemente le mie aspettative.
Restai piacevolmente sorpresa nel vedere i suoi quadri fare da sfondo alla narrazione: quei colori intensi, quelle pennellate furibonde. Inoltre, amai veder entrare Vincent nella famosissima “La camera di Vincent ad Arles”. Attraverso il percorrere delle ultime settimane di Van Gogh, lo spettatore viene immerso nel mondo del pittore, così sembra quasi di vederlo dipingere a fianco a sé. Un piccolo punto di osservazione nella vita di uno dei più grandi pittori di tutti i tempi. Aggiungo che per quanto cerchi di spiegare a parole il perché uno dovrebbe vedere questo film, non descriverei se non in parte la bellezza di quest’opera, l’unico modo per capirlo è vederlo.
Due registi, che nel mondo cinematografico erano sconosciuti fino a qualche anno fa, hanno creato un film che resterà per sempre nella storia del cinema mondiale.
Se per caso, improvvisamente, vedete Vincent di spalle che vi guarda come se un suo autoritratto vi stesse fissando e poi lui si gira allontanandosi e vi chiedete se è reale, la risposta è affermativa perché state proprio guardando “Loving Vincent”.