Vent'anni fa usciva nelle sale Lost in translation, non l'opera prima di Sofia Coppola, ma il film che l'ha resa famosa in tutto il mondo. Bob e Charlotte sono due statunitensi che si incontrano e fanno amicizia in un lussuoso hotel di Tokyo. Lui è un attore in declino, volato in Giappone per girare lo spot di un noto whisky. Lei è una giovane neolaureata fresca di matrimonio e sta accompagnando il marito John, talentuoso fotografo, in un viaggio di lavoro. La loro amicizia nasce al bar dell'albergo, dove si rifugiano durante le notti insonni. Parlando inizialmente del più e del meno, le loro conversazioni diventano via via più intime, lasciando trasparire gli aspetti delle loro vite che li rendono infelici. Il matrimonio di Bob è ormai spento, i dialoghi con la moglie freddi e limitati ad argomenti pratici. Charlotte si sente trascurata dal marito e le telefonate con gli amici non le sono di conforto, non riesce ad aprirsi con loro e si rende conto che non percepiscono il suo malessere. Approfittando di una prolungata trasferta di John, Charlotte e Bob trascorrono sempre più tempo assieme, sia in giro per la città ma soprattutto nella quiete notturna dell'albergo addormentato, perché le luci, i colori e i rumori della metropoli risultano frastornanti. E quando arriva il momento per Bob di tornare in America, capiscono di non aver nessuna voglia di lasciarsi.