Come diceva Noodles in C'era una volta in America i cavalli vincenti li riconosci alla partenza, riconosci i vincenti e i brocchi. Io non possiedo il suo stesso intuito, ma ho capito fin dalla prima scena che questo film mi sarebbe piaciuto. La sensazione di essere di fronte a un'opera che mi avrebbe lasciato molto si è intensificata sempre di più man mano che mi addentravo nelle vite dei due protagonisti e partecipavo alle loro avventure. I colori stinti che rimandano malinconicamente alle fotografie degli anni '70, la flemma nei movimenti dei personaggi e l'ingenuità dei loro sguardi e dei sorrisi, il sole dell'estate che fa strizzare gli occhi. Tutto immerge nel sogno di un passato che si vorrebbe eterno, così come senza fine pare la stagione in cui i due si conoscono, si rincorrono, si separano per poi tornare a rincorrersi, in un gioco che sembra non finire mai. Ostentano sicurezza e decisione, ma sono al tempo stesso privi di quei riferimenti famigliari di cui avrebbero bisogno in un'età di cambiamento o comunque in cui non hanno ancora trovato una certa stabilità in tutti gli aspetti della vita. Gli adulti sono comparse, alcuni ossessionati dalle convenzioni, altri dalle manie di protagonismo o dai guadagni, incapaci di comprendere i ragazzi o semplicemente di accettare la loro inesperienza. Così i giovani diventano i soli protagonisti del loro mondo: schegge che schizzano da una parte all'altra della città, sognatori, ingenui, intraprendenti, inarrendevoli nonostante gli errori in cui incappano di continuo. Ed è forse proprio perché alla ricerca della spontaneità di una gioventù che guarda al futuro con speranze e illusioni, che il regista ha scelto due esordienti come protagonisti: la musicista Alana Haim e Cooper Hoffman, figlio del compianto Philip Seymour Hoffman. Un film che anche se attinge molto dalla vita del suo autore, permette a molti di rivedersi nella fragilità di due ragazzi alla ricerca di certezze, dell'amore, di un posto in un mondo che vortica come un gigantesco 33 giri su cui poggiano i piedi uno di fronte all'altra, rischiando essere sbalzati a terra, ma tenendosi per mano senza mai lasciare la presa resistono in equilibrio e, pur distogliendo lo sguardo di tanto in tanto, tornano irresistibilmente a guardarsi negli occhi.