Lezioni di persiano, un film di Vadim Perelman

l'invenzione di una lingua

Creato da:
Emy
Sei in: Bibliografie
Ultimo aggiornamento: 20/03/2023

Francia del 1942. Nel rastrellamento compiuto dai nazisti c'è anche un ragazzo ebreo di nome Gilles che nel treno che porta al campo di transito scambia il suo panino con il libro di un altro ragazzo scritto in persiano, di cui lui non conosce una parola. Il destino o la fortuna agisce in modi imprevedibili e lui non sa ancora che quel gesto potrà salvargli la vita. Sopravvive infatti al plotone d'esecuzione che invece uccide l'altro ragazzo solo perché il comandante Koch del campo di transizione sta cercando un persiano che possa insegnargli la lingua. Il nazista propone a Gilles, credendolo persiano, di insegnargli cinque parole al giorno della sua lingua, calcolando che nel giro di due anni potrebbe aver imparato un bagaglio di vocaboli tale da permettergli di trasferirsi dal fratello a Teheran, per aprire un ristorante. Questo desiderio inconsueto per un nazista porterà l'ebreo a giocare con il fuoco, cercando di insegnare una lingua che non conosce e che deve inventarsi di sana pianta. Il tempo scorre, i prigionieri si susseguono, e il rapporto tra i due diventa più confidenziale. Nell'isolamento di quel campo Koch sembra confidarsi solo con Gilles, che durante le lezioni viene trattato come un insegnante. Per poi ripiombare nell'orrore del campo con qualche favoritismo. Gilles dal canto suo si ingegna per salvarsi la vita e sopravvivere studiando un metodo che gli permetta di ricordarsi tutte le parole che ha inventato e che si ripete ossessivamente per tutto il giorno. Quando gli alleati si avvicinano il campo viene smantellato e i prigionieri devono essere eliminati per non lasciare testimonianze, ma Koch in fuga condurrà Gilles verso la salvezza forse mosso da un sentimento di attaccamento e gratitudine. Sarà solo alla frontiera che Koch scoprirà che le parole che ha imparato non sono in lingua persiana.

 

Consigliato da
Emy
Non si sa bene se il film sia tratto da una storia vera, perché deriva dal racconto di Wolfgang Kohlhaas "Erfindung einer Sprache – Invenzione di una lingua". Kohlhaas sostiene che la storia gli sia stata raccontata tempo addietro ma non ci sono documenti o testimonianze dirette. Eppure il film di Perelman rende la veridicità molto plausibile. E' affascinante pensare come la necessità, il pericolo per la propria vita riesca a rendere l'uomo così abile da riuscire a inventare anche ciò che non conosce. Cinque parole al giorno e una tecnica mnemonica strabiliante. Quanto basta per salvarsi la vita. Un elogio al valore della memoria, un concetto che si può facilmente ampliare al valore della memoria storica. Ma in questo film è interessante anche il rapporto tra prigioniero e carnefice, un rapporto che cresce e si sviluppa ogni giorno di più. Un rapporto che rasenta l'amicizia per le confidenze che il nazista rivela all'ebreo e che al posto di basarsi sulla fiducia è invece fondato su un raggiro, una menzogna. Forse se i due si fossero incontrati in circostanze completamente diverse avrebbero potuto stabilire un punto di contatto alla pari. Forse, se non ci fosse stata la guerra e l'assurdità dell'odio razziale. E invece l'ebreo sembra sempre una volpe braccata, che studia nuovi stratagemmi per salvarsi. Il senso di tensione, di ansia vissuta dal protagonista viene trasmessa nello spettatore, che teme per la sua vita e che alla fine ha quasi un moto di pena per il nazista che sognava di emigrare e di aprire un ristorante, cercando forse di essere un uomo migliore e lasciandosi alle spalle i cadaveri che ha condannato. Invece arriva la sorpresa, il disincanto, la disperazione e la giusta pena.
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/ [[regia di] Vadim Perelman]
Catturato dai nazisti mentre attraversa la Francia nel 1942, l'ebreo belga Gilles riesce a scampare...
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