La Repubblica di Weimar

I libri sulla storia di un esperimento fallito

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Andras
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Ultimo aggiornamento: 02/04/2024

La Repubblica di Weimar suscita il più delle volte un associazione tanto fulminea quanto netta nella sua determinatezza: il decennio incubatrice del nazionalsocialismo. Per quanto riduttivo sia un tale giudizio, sta di fatto che quei scarsi 15 anni tra le due guerre mondiali rappresentarono certamente l’humus su cui potevano svilupparsi le tendenze socio-economico-politico-culturali che portarono alla fine al Terzo Reich. Ora vi sono numerosissimi studi che cercano di individuare le radici, cause e correlazioni vicine e lontane nell’evoluzione della società tedesca verso la dittatura della croce uncinata. Verrebbe forse la pena sentire una voce dal vivo che – per quanto giovane fosse a quei tempi – serba comunque il pregio dell’estrema chiarezza e di essere, per così dire, colta nel vivo del esperienza personale. È la voce di Sebastian Haffner che all’epoca – tra il 1918, fine della prima guerra mondiale, ed il 1933, avvento del nazismo – passava la sua adolescenza dall’età di 11 a quella di 26 anni. I suoi ricordi raccolti in Geschichte eines Deutschen: die Erinnerungen 1914-1933 (Storia di un tedesco: i ricordi 1914-1933) sono tanto illuminanti e sorprendenti nella loro chiaroveggenza – il libro è stato iniziato in esilio nel 1939 – che è difficile darne conto in questa occasione. Ci limitiamo a seguire le impressioni adolescenziali riguardo alla lunga ombra che il nazionalsocialismo ha gettato su un “infanzia weimariana”:
Sotto: Pupazzo di soldato con cannone e elmetto (Puppenmuseum Rieden) 
“[…] La guerra quale grande, eccitante gioco delle nazioni, che offre intrattenimenti più radicali e suscita emozioni più forti di qualsiasi cosa che la pace possa offrire; questa era l’esperienza quotidiana tra il 1914 ed il 1918 per almeno 10 annate di scolaretti tedeschi. Questa è diventata la “positiva” visione di base del Nazionalsocialismo. Da questa visione il Nazismo trae la sua perspicacia, la sua semplicità, il suo appello alla fantasia e all’azionismo; e da essa declina la sua intolleranza e crudeltà nei confronti dell’avversario politico […] e ovviamente anche la percezione della nazione confinante in termini di prevaricazione militare. […] Qui stanno le sue radici: non certo nell’esperienza della “trincea”, ma nell’esperienza della guerra propria di ragazzi ed adolescenti tedeschi.
Sotto: Raduno campestre della Großdeutschen Jugend (Gioventù pangermanica) nel Grünewald, Berlino 1933 (Bundesarchiv_Bild_102-03888A) 

[…] La vera generazione del Nazismo è quella dei nati nella decade 1900-1910, che hanno vissuto la guerra, lontani e indisturbati dalla sua atroce, sconvolgente realtà, come un grande gioco. […] Se ci penso bene, devo ammettere che la Hitlerjugend fosse allora già bel e buona costituita. Nella nostra classe per esempio avevamo costituito un club con il nome “Lega podistica Vecchia Prussia” ed il motto: anti-spartaco, sport e politica! La politica consistette nel picchiare lungo il percorso di scuola alcuni malcapitati che dichiararono di stare con la rivoluzione. Per il resto l’attività principale era quella sportiva: organizzavamo gare nei cortili della scuola o negli spazi pubblici avendo la sensazione di comportarci in modo molto anti-spartachista, ritenendoci molto importanti e patriottici nel “correre per la patria”. In che cosa ci differenziavamo allora dalla più tardiva Hitlerjugend? Mancavano soltanto alcuni tratti, che aggiunsero più tardi le inclinazioni personali di Hitler, come per esempio l’antisemitismo. Con noi correvano anche compagni ebrei, altrettanto anti-spartachisti e patriottici come tutti gli altri: fu anzi un ragazzo ebreo il nostro miglior corridore. Posso giurare che non faceva nulla che potesse minare l’unità nazionale.

Curt Querner, L'agitatore, 1931
[…] All’incirca venti annate di giovani e giovanissimi tedeschi erano stati abituati a vedersi consegnati la propria ragion di vita, quella delle emozioni più profonde, dell’amore e dell’odio, del giubilo e del lutto, ma anche quella di tutte le sensazioni e di ogni brivido, per così dire gratuitamente dalla sfera pubblica – anche se assieme a povertà, fame, morte, disordini ed pericoli. Quando questo tipo di eccitazione venne all’improvviso meno [con la fine della 1ª guerra mondiale] gli adolescenti di allora si trovarono impotenti, impoveriti, privati, delusi e annoiati. Come si possa vivere di sé stesso, come rendere una piccola vita privata grande, bella e appagante, come la si può godere e dove essa diventa interessante, tutto questo non l’hanno mai imparato. In tal modo percepirono la fine delle tensioni pubbliche e il ritorno alla vita privata non come dono, ma come privazione. Subentrò la noia. […] e aspettavano avidi il primo disturbo, la prima ricaduta o il primo incidente, per liquidare tutto il tempo di pace ed iniziare una nuova avventura collettiva. … C’erano anche coloro che in quel periodo, un po’ in ritardo e maldestramente, avevano imparato a vivere, a trovare piacere della propria vita, a diventare delle persone - disintossicandosi dai giochi di guerre e rivoluzioni. Fu effettivamente allora che si preparò, del tutto invisibile e percepibile, quell’enorme strappo che oggi divide il popolo tedesco in nazisti e non-nazisti. Denunciavo già innanzi il fatto che l’abilità del mio popolo per una vita personale e per la felicità personale era meno sviluppata che in altri popoli.
Sotto: Fanfara della Hitlerjugend a Worms (Bundesarchiv_Bild_133-151) 

[…] Il fatto che in Germania vi sia solo una minoranza (che non si identifica né con l’aristocrazia né con il censo) che della vita sa fare qualcosa – en passant, questo è un dato di fatto che rende la Germania sostanzialmente inadatta ad un governo democratico – questo fatto aveva conosciuto attraverso gli eventi di 1914-1924 un terribilmente minaccioso inasprimento. La generazione più anziana era divenuta più insicura e paurosa nei suoi ideali e nelle sue idee; si iniziava ora a guardare alla “gioventù” con la implicita voglia di acquiescenza e di tirarsi da parte, ci si prestava a lusingarla e ad aspettarsi chissà che cosa da essa. Questa gioventù non conobbe altro che lo schiamazzo pubblico, la sensazione, l’anarchia e la pericolosa attrazione per i giochi numerici. […] Le masse erano anch’esse abituate alle sensazioni del disordine – e inoltre cominciarono a vacillare nella loro ultima grande fede, il credo celebrato con dogmatica pedanteria nella forza miracolosa dell’onnisciente Santo Marx e nell’inevitabilità dello sviluppo automatico degli eventi da lui profetizzata.

[…] Così si trovava, sotto la superficie, già tutto pronto per la grande calamità. Nel frattempo regnava nel pubblico visibile ancora una pace dorata, una calma, ordine, benessere e bontà. Gli stessi antesignani del disastro sembravano far parte di questo quadro idilliaco.

 

Fonte: Haffner, Sebastian, Geschichte eines Deutschen : die Erinnerungen 1914-1933, Pantheon, 2014
Si vedano altresì le schede wikipedia sui movimenti giovanili in lingua inglese, francese e tedesco.

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