May condannata a diventare una Mangiapeccati per aver rubato solo un tozzo di pane, ha un collare e la lettera esse tatuata sulla lingua. Nessuno può rivolgerle la parola, né lei potrà aspirare a vivere un’esistenza normale, potrà solo assolvere il compito di cibarsi dei peccati altrui confessati in punto di morte.
Questa figura è storicamente testimoniata in ambito anglosassone: il SinEater era spesso una persona (anche uomo) ai margini della società che, pur di non morire di fame, accettava di portare il fardello di un’esistenza reietta in cambio di pochi spiccioli. L’origine del Mangiapeccati si perde nelle notte dei tempi, e sembra che l’ultimo SinEater sia stato un tal Richard Munslow (1838 – 1906) attivo in tal ambito più per spirito devozionale che per indigenza, in quanto aveva visto morire quattro dei suoi figli. E’ interessante pensare come alcune culture, prima della diffusione della medicina nei tempi più recenti, si siano organizzate per aiutare coloro che erano in punto di morte affinché il passaggio nell’aldilà fosse il più leggero possibile, affidando a figure esperte il trapasso del proprio caro.
E’ il caso dell’Accabadora in ambito sardo, ovvero della dispensatrice di una morte misericordiosa, una professionista ante litteram dell’eutanasia, chiamata dai familiari del moribondo per porre fine alle sofferenze di una lunga agonia.
SinEater e Accabadora appartengono ad un passato ancestrale, sono figure rinnegate dalla stessa società che le invoca, tenendole però ai margini, lontane da ogni contatto sociale forse perché detentrici di segreti e pratiche inconfessabili. Se l’argomento vi ha incuriosito, vi consiglio di leggere anche il romanzo di Michela Murgia “Accabadora”, ma questa è un’altra storia...