L’incognita – il titolo originale è Die unbekannte Grösse con più esplicito riferimento all’ambito matematico – non colpisce certamente per la stravaganza della trama. Quest’ultima incarna i consueti tratti del Bildungsroman, il romanzo di formazione. Quello che distingue l’opera e rapisce il lettore è la microscopica descrizione, in finissima filigrana, dei moti, degli impulsi, delle scintille d’animo che si accendono nella coscienza del giovane scienziato provocando oscillazioni, trascinamenti e sconvolgimenti emotivi ed intellettuali. Broch è un vero mago della fenomenlogia narrativa – il compianto Milan Kundera lo definì il più grande fenomenologo del romanzo ed il più grande poeta della fenomenologia. Il risultato è la composizione dell’interiorità attraverso un puzzle dai mille pezzi, un insieme di fragili tasselli dell’essere umano che costruisce un personaggio denso, complesso, sfaccettato e cangiante come soltanto la vita autentica ed un suo cultore d’eccezione lo possono creare. Attraverso Richard Hieck siamo noi stessi a sperimentare la conquista, l’ampliamento del nostro essere, della nostra sensibilità ontologica.