Quarantacinque anni fa usciva nelle sale "Incontri ravvicinati del terzo tipo", considerato uno dei migliori film del suo genere, nonché uno dei tanti pregevoli lavori di Steven Spielberg.
L'idea di girare un film di fantascienza era nella mente del regista fin da molto giovane, quando realizzò una pellicola dal budget ridottissimo. Dopo i primi grandi successi al botteghino, uno Spielberg appena poco più che trentenne, ma dall'acclarato talento, ebbe a disposizione i fondi per portare a termine il suo progetto.
La scena si apre nel deserto di Sonora, situato tra Messico e Stati Uniti, con lo sconcertante ritrovamento, a molti anni di distanza, degli aerei della "Squadriglia 19", uno stormo di caccia statunitensi disperso nell'Atlantico nel 1945. I mezzi risultano intatti, mentre non vi è alcuna traccia dell'equipaggio. Negli stessi giorni, in Indiana, alcune persone sono testimoni oculari del passaggio di numerosi oggetti volanti di
origine ignota. Tra questi, il manutentore delle linee elettriche Roy, sposato e padre di tre bambini, e Jillian, che non riesce ad impedire il rapimento del figlioletto da parte di un'astronave aliena nel cuore della notte. Entrambi, dopo il loro contatto, sono ossessionati da quanto vissuto e iniziano a dare segni di pazzia, tra i quali la visione di una montagna a forma di tronco di cono.
I contatti si susseguono sempre più numerosi e non rimangono limitati a quella zona, bensì giungono testimonianze da ogni parte del mondo. Tutti i testimoni riferiscono, oltre alle visioni, di aver udito una successione di note che, studiata dalla squadra degli scienziati che stanno indagando sul ritrovamento dei caccia, porta alle coordinate di un luogo preciso, la Torre del Diavolo in Wyoming, un monte a forma di tronco di cono, dove ipotizzano che potrebbe verificarsi il primo contatto diretto con degli extraterrestri.
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