Visionario, sperimentatore, geniale, a tratti morboso, Lynch ha cercato, come nessun altro regista prima di lui, di estrarre le paure dalla mente umana per tradurle in immagini.
Oltre ai numerosi film di spessore, solo per citarne uno The elephant man, è passato alla storia per l'ideazione e realizzazione dei Segreti di Twin Peaks, probabilmente la prima serie tv che mostra, con diversi anni di anticipo, le caratteristiche tipiche di quelle più recenti che popolano (a volte affollano) molte delle attuali piattaforme televisive.
Le atmosfere cupe, la trama intricata, le musiche, la cura maniacale nella caratterizzazione anche dei personaggi più marginali. Tutto concorreva a creare alte aspettative in vista della puntata successiva, puntualmente ripagate con l'arrivo di nuove situazioni che non andavano a sostituirsi alle precedenti, ma si sommavano e le affiancavano. Quando è arrivato in Italia, oltre trent'anni fa, non esisteva internet nelle case, non c'erano spoiler, niente blog su cui esprimere la propria opinione o aggiungere congetture ad eventuali già fantasiose teorie. Bisognava pazientare una settimana e basta. E gli spettatori restavano incollati al televisore fino al termine della puntata, che spesso si chiudeva lasciando tutti con una forte sensazione di sospensione, dopo aver seguito passo passo l'investigazione dell'agente Dale Cooper, che annotava i suoi appunti nel nastro di un registratore portatile rivolgendosi alla sua segretaria Diane, la cui stessa esistenza era velata di mistero.
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