"[…] l’immaginario dei più attribuisce al ghiaccio e ai ghiacciai [il significato di una] materia misteriosa e repulsiva,[di un] luogo selvaggio e inospitale, [un] avamposto isolato,[un] confine estremo, capolinea del mondo e della vita. Per lungo tempo i paesaggi ghiacciati e le relative esplorazioni sono stati associati a gesti temerari e sfide eroiche, odissee polari, vertigini alpine e conquiste himalayane. Se si escludono la fama leggendaria degli eschimesi, la stravaganza dell’igloo che i bambini disegnano a scuola e forse qualche ammaccatura – chi più chi meno – ricavata in maldestri tentativi di pattinaggio amatoriale, sembra che tra l’uomo contemporaneo e il ghiaccio si sia frapposta una distanza colmabile solo con la fantasia o la temerarietà, come se il ghiaccio incorporasse i significati più distanti dal vivere civile e domestico, e dunque ci appartenesse soltanto in opposizione alle certezze del buon senso e alle acquisizioni del benessere.
Nell’ultimo decennio l’immaginario è profondamente cambiato. Da quando gli scienziati ammoniscono l’umanità sulle conseguenze dell’effetto serra e nelle case, nelle scuole e nelle piazze la gente discute di riscaldamento globale, il ghiaccio è diventato il simbolo della materia preziosa ed effimera. Vedendo gli orsi polari che vanno alla deriva sulle zattere di ghiaccio, guardando gli iceberg che si disfano come castelli di carta, anche le persone distratte si sentono coinvolte e la paura e la presa di distanza di un tempo lasciano il posto allo stupore, all’identificazione e addirittura al rimpianto verso una meraviglia della natura che era nostra e forse non lo sarà più. Perché il ghiaccio è il termometro più visibile del cambiamento climatico e la fulminea fusione del ghiaccio e dei ghiacciai è la rappresentazione più inequivocabile dello squilibrio ambientale. In pochi anni la vecchia immagine del ghiaccio crudele e vendicatore è stata sostituita dall’idea di una cosa fragile che scompare senza lasciare traccia.
[…] Si tratta insomma di un mondo meravigliosamente vario, misteriosamente fuggevole e drammaticamente fragile, che gli uomini hanno imparato a temere e ammirare nel corso dei millenni, con cui si sono adattati a convivere, lottare e patteggiare, infine a godere e sfruttare fino a compromettere l’esistenza. In ogni caso il ghiaccio ha accompagnato e condizionato il destino dell’umanità.
Per esempio le ondate di freddo, le bufere di neve e il terreno gelato hanno cambiato le rotte delle invasioni e condizionato le sorti delle guerre, fin dai tempi di Alessandro Magno, tre secoli prima di Cristo, quando storia e mito narrano che una nevicata frenò la marcia del capo macedone verso l’India. Nell’inverno del 1572 il gran gelo aiutò gli archibugieri olandesi a beffare con i pattini da ghiaccio l’esercito spagnolo. A metà del 1800 la neve e il ghiaccio ostacolarono seriamente la discesa di Napoleone in Italia attraverso il Colle del Gran San Bernardo. Costringendo il generale Marmont a impiegare slitte e tronchi d’albero per trasportare i pezzi dei cannoni, a l’armata a marciare di notte per evitare le valanghe.
In pieno Novecento, durante la prima guerra mondiale, la neve e il ghiaccio trasformarono il fronte alpino austro-italiano in una frontiera dai caratteri himalayani. Il ghiaccio, la neve e le basse temperature furono i nemici più seri da combattere nel corso della Guerra bianca. L’abilità alpinistica, l’abitudine ai rigori della montagna e la capacità di sopravvivenza dei soldati contarono assai di più delle armi e delle strategie. La storia si ripeté nella seconda guerra mondiale con la tragica ritirata di Russia, quando le tormente, la fame e il gelo siberiano annientarono la resistenza dei giovani militari allo sbaraglio. …
[…] In tempo di pace il ghiaccio ha [infine] condizionato le rotte dei commerci navali dall’estremo nord al più selvaggio sud del pianeta, il ghiaccio ha ispirato nuove architetture e prodotto futuristiche tecnologie, il ghiaccio ha modificato gli stili di vita dei popoli del freddo generando adattamenti e risposte geniali, e attrezzi risolutivi. I ghiacciai e le distese polari, descritti come le ultime macchie bianche del pianeta, hanno acceso le sfide dell’esplorazione difendendo le frontiere della geografia e soffiando sul mito dell’ultima Thule. [...]"
Da: Enrico Camanni, Il grande libro del ghiaccio