Fútbol, di Osvaldo Bayer

una storia sociale del calcio argentino

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Gerardo
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Ultimo aggiornamento: 10/12/2021

Osvaldo Bayer, scrittore e giornalista argentino nato nel 1927 e scomparso nel 2018, emigrò in Germania nel 1975 a seguito delle minacce ricevute per il contenuto delle sue opere, in particolar modo "Patagonia rebelde". Fece rientro in patria nel 1983, solo dopo la caduta della dittatura militare. Amico e collega di Osvaldo Soriano, condivideva con lui anche la passione per il gioco del calcio.
In questo saggio, inizialmente pensato come la sceneggiatura di un documentario, ripercorre la storia del calcio nel suo paese, fin dagli esordi con le partitelle tra i marinai inglesi negli spiazzi adiacenti ai porti di Rio de la Plata nella seconda metà dell'Ottocento. Dai primi club, fondati dagli inglesi benestanti, ben presto si passò alle squadre nate nei quartieri popolari, che spesso portavano nomi evocativi. Ne è un esempio l'Independiente, costituito dai dipendenti di un grande negozio inglese che non permetteva agli argentini di giocare nella squadra aziendale; o anche il Club Mártires de Chicago (in seguito ribattezzato Argentinos Juniors), così chiamato in onore dei lavoratori ingiustamente condannati e poi giustiziati dopo la rivolta del 1886 in piazza Haymarket, organizzata per ottenere maggiori diritti. Il racconto di Bayer si interrompe nel 1986, con quella che è considerata l'apogeo del calcio argentino, la vittoria al Mondiale della nazionale capitanata da Diego Armando Maradona.

 

Consigliato da
Gerardo
Pur non essendo un saggio sull'aspetto ludico del calcio, né propriamente un resoconto di avvenimenti sportivi, consiglio la lettura a tutti gli amanti di questo gioco. Non è, come spesso accade, il ricordo romantico di un qualcosa che non c'è più. È l'analisi attenta e partecipe della mente di un cronista unita al suo cuore di patriota per lungo tempo in esilio.
In questo paese, dal passato contraddistinto da continui stravolgimenti politici e grandi, forse insanabili divari sociali, il calcio, diffusosi inizialmente negli eleganti quartieri e nei circoli di cricket inglesi, diventa presto l'espressione del popolo che vive nei sobborghi poveri.
In un mondo ricco solo per i dirigenti, i giocatori vengono trattati come pedine, sia dai presidenti dei club per concludere affari vantaggiosi, sia dalla politica come veicolo di consenso, in particolar modo sotto la dittatura degli anni dal 1976 al 1983. Ma questi atleti restano i rappresentanti dei quartieri da cui provengono. E i tifosi, che soffrono, gioiscono, contestano e sognano, li accompagnano sui campi da gioco ogni settimana, senza dar troppa importanza al ruolo di chi vuole appropriarsi di uno spettacolo che è di tutti. Il gioco, che l'Argentina ha assimilato dagli inglesi, diventa endemico, con l'aggiunta di eleganza, furbizia e un pizzico di rabbia dovuta all'impulso di inseguire una rivalsa. La storia va avanti per quasi un secolo, tra calciatori leggendari, sconfitte cocenti e successi prestigiosi, spesso discussi. Fino alla vittoria della nazionale nel Mondiale del 1986 e soprattutto a quei due gol di Maradona all'Inghilterra che fanno commuovere una nazione ed entrano nella leggenda: il primo di mano, la famosa "Mano de Dios", il secondo dopo un dribbling che mette a sedere mezza squadra avversaria. Gol che nel mondo intero diventano sinonimo, per l'appunto, di eleganza, furbizia, rivincita.

 

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Bayer, Osvaldo
Dopo aver raccontato le lotte operaie e il ruolo liberatorio dell'emigrazione proletaria nell'Argentina del Novecento, Osvaldo Bayer scrive un libro sul calcio. Inizia a farlo quasi per gioco, spinto da un incarico di lavoro: la scrittura di una sceneggiatura per ...
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