Quand'ero bambino, nel bosco sopra il paese dove trascorrevo le vacanze, ho visto una creatura fantastica: un essere bellissimo e maestoso, con lunghe corna ramificate. Aveva il colore della corteccia d'abete e si confondeva con gli alberi spogli del sottobosco. Così poteva passare inosservato ma al tempo stesso tenere tutto sott'occhio. Ovviamente era solo un cervo, che appena si è accorto di me è scattato e in attimo non l'ho visto più. Per me però, che al massimo avrò avuto sei anni, era un abitante magico dei boschi e io avevo avuto la fortuna di vederlo, anche solo di sfuggita.
A tanti anni di distanza, mi sono trovato a leggere questa raccolta seguendo con il dito sulla mappa sentieri che ho percorso a piedi, individuando i monti e le valli che, zaino in spalla, frequento abitualmente in estate, per identificare con precisione i luoghi in cui è ambientato ogni racconto. Leggendone i nomi, mi sono accorto di essere transitato per la maggior parte di quei posti o di aver per lo meno adocchiato col naso all'insù le cime delle montagne. E, a causa di questo approccio o proprio grazie ad esso, sono passato dalla presunzione di considerarmi abbastanza esperto di molte di quelle zone (anche se mai come chi ci vive) all'umiltà di chi comprende di conoscerle in modo superficiale. Perlustrare boschi e sentieri è divertente, consultare le guide e le cartine è istruttivo. E se i saggi, i libri fotografici, i musei degli eventi geologici e degli avvenimenti storici, delle arti e dei mestieri sono la fonte principale e accessibile a tutti per la conoscenza del passato, leggere fiabe e leggende, al di là dei documenti ufficiali, dei reperti, delle relazioni di scienziati e studiosi, permette di aprire una finestrella che si affaccia in modo completamente diverso su un mondo ignoto e aiuta a scoprire l'indole, le usanze, le paure e le consuetudini delle genti che hanno abitato quelle valli e le pendici di quelle cime in un passato remoto, mette di fronte all'essenza dell'ambiente che quelle persone abitavano, ai patti che segretamente avevano stretto con la natura in una simbiosi ora impossibile, alle presenze (reali o immaginarie) che le affiancavano in un'esistenza fatta di lavoro, fatica e inverni gelidi, ma anche di amicizie fraterne, famiglie unite e comunità in cui ognuno faceva la sua parte e di cui ognuno era un tassello importante. E questo grazie a brevi e semplici racconti che sono esemplari e racchiudono in sé molto più di una storiella da ascoltare intorno al fuoco. Il vento freddo che oggi invita a indossare una maglia in più nella Val Giralba è lo stesso che costringeva Donna Filomena e Donna Agata ad avvolgersi nei loro scialli di lana grezza. L'odore umido di muschio che inebria passeggiando nel bosco della Digola è lo stesso che accompagnava i briganti, nascosti dietro le rocce, nelle ore in attesa di qualche malcapitato da derubare. E se un individuo poco raccomandabile mascherato da Rollate ci avvicina in un'osteria proponendoci un insolito (ed evocativo) accordo, meglio non starlo a sentire...
Nelle leggende e nelle fiabe ritroviamo le stesse montagne del presente, altrettanto fiere e imponenti quando il tramonto le tinge di rosa, quanto fragili da sbriciolarsi come pane secco. Adesso come una volta, anzi molto di più. E mentre il dito continua il suo viaggio sulla mappa, più la voglia di infilare gli scarponi si fa sentire, col desiderio di arrivare fin lassù, fino all'entrata di una grotta presso la cima della montagna più alta dove, forse, in un passato molto lontano, si rintanava una creatura fantastica che magari ora non c'è più o che noi, al contrario degli abitanti del luogo, non possiamo vedere, mentre ci osserva da dietro un abete, come un cervo pronto a scattare al minimo rumore provocato dal passo di chi in quei posti è solo di passaggio.