Ci sono scrittori entrati nel novero dei grandi per un'unica, significativa opera. La loro produzione può essere vasta, anche se appare sminuita dal confronto con quell'unico tra i loro lavori che spicca molto al di sopra degli altri. Oppure limitata del tutto o quasi a un lampo di genio. Gli esempi sono molti: Choderlos de Laclos e "Le relazioni pericolose", Goncarov e l'indolente e amabile Oblomov, protagonista del romanzo omonimo, John Kennedy Toole e il divertentissimo e irriverente "Una banda di idioti". Emily Brontë e "Cime tempestose". O ancora a J.D. Salinger, che pur noto anche per altri romanzi e racconti, è universalmente conosciuto come il padre de "Il giovane Holden". Forse però, nell'elenco degli autori che hanno legato la loro immortalità ad un'unica pietra preziosa, nessuno spicca più del poeta e drammaturgo Edmond Rostand e del suo cadetto di Guascogna "Cyrano de Bergerac", capolavoro assoluto del teatro francese. Riproposto anche al cinema in varie versioni, anche con variazioni che lo discostano dall'opera originale per ambientazione e caratterizzazione dei personaggi, ha comunque sempre mantenuto inalterato lo spirito che il testo originale porta con sé. Lo spirito di un'opera e del suo eroe, che si esprime in quel continuo alternarsi tra la dolcezza lieve delle parole sussurrate nell'ombra e il rimbombo assordante del palcoscenico sotto i passi pesanti nei duelli, due facce della stessa moneta di un personaggio complesso e completo, premuroso con Rossana (e con Cristiano), spadaccino scontroso e implacabile con gli avversari. Personaggio amato o odiato, capito o incompreso, apprezzato o detestato, come spesso capita a quegli autori, molti, creatori di un'unica opera immortale.