Cicala, di Shaun Tan

In questo albo a prevalere è la tonalità del grigio, una scelta più che azzeccata da parte dell’autore dato lo spessore emotivo della storia che va a narrarci. Poi c’è il verde della cicala che spicca e nel finale si trasforma. Cicala lavora da 17 anni come impiegato nello stesso ufficio, senza mai ricevere alcuna gratificazione, promozione o anche solo una parola gentile dai colleghi. Il suo ufficio non è solo il luogo dove lavora, ma è tutto ciò che ha. Quando giunge il momento di andare in pensione, nonostante il suo impegno e la sua totale dedizione, non riceve neanche un grazie o una stretta di mano. Ma anche per la cicala arriva il tempo di dire addio e di tornare finalmente nella sua foresta: Tok! Tok! Tok!

Un libro potente, che ci racconta quanto può diventare frustrante e alienante subire a lungo lo sfruttamento, la mancata riconoscenza e anche il mobbing in un luogo di lavoro dove si trascorrono la maggior parte delle ore della giornata. Un storia di denuncia sociale, a tratti inquietante, che descrive spazi bui dai quali si ha la sensazione di soffocare. Il finale, senza testo, con illustrazioni metaforiche lascia spazio all’interpretazione, che può essere visto come tremendamente tragico oppure con un occhio di speranza. E finalmente, dopo tanto grigio, all’interno del risguardo di copertina, ritroviamo i colori della natura che ci appaiono in tutta la loro bellezza. Una storia che si snoda su poche pagine ma che racchiude una moltitudine di significati profondi e sprona a non arrendersi, a non vivere passivamente la propria vita perché questo può causare conseguenze a volte tragiche e che non lasciano scampo. E se i libri veri, quelli che lasciano il segno a volte sono anche i più duri e non ci risparmiano nulla, allora senza dubbio Cicala è uno di questi e il suo autore ancora una volta riesce a spiazzarci e a farci riflettere su temi e situazioni delicate e importanti.