Armenia, paese delle pietre urlanti … con queste parole il poeta russo Osip Mandel’stam tentò di distillare in concentrato il destino di un popolo segnato pesantemente dal dolore, dalla separazione e dalla negazione. Un piccolo popolo che “vanta” nella sua storia reale o immaginata più di un episodio di primigenia trovandosi, più silenziosamente ma altrettanto tragicamente, in compagnia di quell'altro, ben più noto, per essere stato eletto da Dio.
Fu il padre mitico Prometeo a consumarsi in sofferenza sullo scoglio caucasico per aver donato con furto ribelle la luce agli uomini. Era sulle secche dei monti caucasici che il vecchio Noè s’incagliò per dare di seguito vita alla prole numerosa dell’umanità salvata. Gli Armeni, così racconta il mito, ne furono discendenti direttissimi e in virtù della loro posizione genealogica dominarono per secoli la terra delle 5000 vette. Prima di divenire la posta in gioco di potenze ben più agguerrite quali romani, parti, bizantini, sassanidi, arabi, mongoli, turchi e russi, la discendenza del padre biblico fondò un’altra volta il suo destino sulla pietra, questa volta sotto il segno della croce. Nel 301 l'Armenia fu il primo stato al mondo ad adottare il Cristianesimo come religione di Stato precedendo così di alcuni decenni l’impero romano, e con San Gregorio Illuminatore istituì la propria Chiesa Apostolica Armena.
Secoli di luminosa rinascita della civiltà armena si aprono per tutto l’Alto Medioevo, prima che la battaglia di Manzikert, 1071 d.C., segni immediatamente la sorte del regno armeno e in differita quella del ben più importante impero bizantino. Migliaia di famiglie cristiane lasciarono l'Armenia e si insediarono in terre straniere, come la Cilicia del Mussa Dagh. Con la caduta di Costantinopoli i territori armeni divennero proprietà del sultano di Istanbul. Gli armeni di Costantinopoli divennero una componente rispettabile della società ottomana, mentre gli altri armeni subivano le angherie dei vari pascià e bey e pagavano esosi tributi imposti dalle tribù curde. Il 18º secolo vide, lungo la scia delle guerra russo-turche per il dominio del Mar Nero, una rinascita del sentimento nazionale armeno che acuì sempre di più il conflitto con il sultanato ottomano fino a sfociare nel biennio di persecuzioni 1895-96.
Fu lo scoppio del Prima Guerra mondiale con l’avanzata russa - sostenuta anche da battaglioni di volontari armeni – sino nel cuore dell’Anatolia nordorientale ed il loro successivo ritiro verso le terre caucasiche a segnare tragicamente il destino del popolo armeno di queste provincie. Ritenute dai turchi una quinta colonna dell’impero zarista le genti dell’Ararat venivano deportate seguendo un programma di vera e propria pulizia etnica in centinaia di migliaia verso i campi di concentramento dell’Alta Siria. Questo trasferimento forzoso assunse tra il 1915-1916 de facto e per numero le dimensioni di un genocidio, il Metz Yeghern, commemorato dagli Armeni il 24 aprile. Fu da allora e per tutto il secolo 20º che le due parti, turca ed armena, si affrontano senza esclusione di colpi sul piano storiografico, politico e culturale intorno al tragico passato. Sui corpi dei morti, il cui numero oscillerebbe, a secondo della fazione, tra i 350.000 ed 1.800.000, venivano innalzati castelli di mistificazioni, congegnate campagne di intimidazioni e ritorsioni politiche, attuate falsificazioni e distruzioni delle fonti ed infine addirittura perpetrati attentati e contro-attentati terroristici.
La tragedia della scomparsa e della successiva diaspora degli armeni dall’Anatolia divenne così, fino ai nostri giorni, la ferita di un conflitto apparentemente insanabile.
La bibliografia di seguito proposta vuole essere uno strumento che – pur nella sua limitatezza - offra attraverso la lettura la possibilità a dipanare la matassa ingrovigliata delle rispettive faziosità, miticizzazioni e contrapposizioni. Intende altresì rievocare con l’immagine riflesso della finzione letteraria i destini dei singoli, quelli di uomini, donne e bambini divenuti pietre urlanti di una storia di dolore, separazione e negazione.
[In alto, Foto di Makalu da Pixabay]