«Siamo in ritardo, papà» L'aveva detto. Avevo sentito bene. Non potevo ingannarmi. Papà. Quella parola di quattro lettere che non sentivo da un'eternità era uscita dalla sua bocca, riapparsa all'improvviso dopo che un severo censore sembrava averla cancellata dal suo linguaggio. Mi giungeva come un suono lontano, talmente armonioso da avvolgere la mente e puntare dritto al cuore. Rimasi per un momento in estasi: uno spicchio di felicità dopo la devastazione di quegli anni. Qualcosa dentro quella corazza si stava smuovendo e quella piccola parola ne era la prova inconfutabile. Non volevo farmi illusioni, ma la interpretai come una svolta sulla via della ricomposizione della frattura con me, la famiglia e, forse, col resto del mondo.